Anno: XXVI - Numero 157    
Lunedì 18 Agosto 2025 ore 14:00
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Russia, la vittoria prima di sparare

Mosca punta su uomini sacrificabili e mobilitazione di massa, l’Europa su tecnologia e benessere. Ma senza volontà di combattere, carri armati e miliardi non bastano.

Russia, la vittoria prima di sparare

La Russia potrebbe aver già vinto la sua sfida con l’Occidente ancor prima di sparare un colpo. Non perché disponga di un’industria militare più moderna o di armamenti superiori — su questi piani l’Europa e gli Stati Uniti restano in vantaggio netto — ma perché ha dalla sua parte la mentalità del sacrificio. Mosca continua a reclutare uomini fino a immaginare un esercito da un milione e mezzo di soldati. Per il Cremlino l’essere umano è una risorsa sostituibile, un numero da mandare al fronte. È un’impostazione che affonda le radici nella storia: dalla “Grande Guerra Patriottica” contro Hitler fino alle guerre in Cecenia, la logica russa è stata sempre quella della quantità e della resistenza ad oltranza.

Di fronte, l’Europa appare smarrita. Le indagini demoscopiche raccontano di italiani, tedeschi e francesi poco disposti a imbracciare le armi anche nel caso di una minaccia diretta ai propri confini. La gioventù europea, cresciuta nel benessere e in un clima di diritti e fluidità identitaria, non sembra avere la stessa disponibilità al sacrificio delle generazioni che vissero la Guerra fredda o la leva obbligatoria. Si tratta di un bene civile e culturale che ci ha resi più liberi, ma che in tempo di crisi potrebbe rivelarsi un punto debole.

Non è solo questione di mentalità: anche l’efficienza industriale gioca un ruolo. Un carro Leopard prodotto in Germania costa dieci volte tanto un omologo russo. In parte perché le normative ambientali e le politiche energetiche europee hanno reso i processi più onerosi. In parte perché, semplicemente, Mosca punta alla quantità, noi alla qualità. Ma la qualità non basta se non c’è chi è disposto a usarla.

Il rischio è che la Russia, pur più arretrata sul piano tecnologico e industriale, ottenga un vantaggio strategico dalla semplice assenza di volontà nel campo avversario. In guerra, prima ancora delle armi contano il morale e la disponibilità a resistere. Senza quella, i nostri arsenali restano scatole vuote.

La domanda che dobbiamo porci è dunque brutale: se domani un nemico minacciasse davvero i confini dell’Unione, quanti sarebbero pronti a difenderli? La risposta, oggi, sembra ancora troppo incerta. E forse, per il Cremlino, è già la più importante delle vittorie.

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