Anno: XXVI - Numero 181    
Lunedì 22 Settembre 2025 ore 13:30
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Immigrazione: la destra ruggisce, la sinistra balbetta

Facce feroci battono le buone intenzioni.

Immigrazione: la destra ruggisce, la sinistra balbetta

Ci sono momenti nella storia politica in cui un tema diventa più di un tema. Diventa ossessione, diventa clava, diventa mantra. Oggi, in Occidente, quel tema è l’immigrazione. Non il lavoro, non l’inflazione, non i salari che arrancano o le pensioni che evaporano: no, il cuore pulsante del dibattito pubblico è quanti barconi arrivano, chi li ferma, chi li espelle, chi costruisce muri più alti. E soprattutto: chi fa la faccia più feroce davanti alle telecamere.

La destra l’ha capito benissimo. La sinistra, invece, sembra un bambino che gioca a nascondino ma dimentica di coprirsi gli occhi. È lì, impalata, e spera che la gente smetta di parlare del problema perché “è tutta propaganda”. Solo che gli elettori non ci cascano: se li tratti da gonzi, non è che si convincono, si arrabbiano. E votano dall’altra parte.

L’arte della faccia feroce

Prendete Giorgia Meloni. A conti fatti, dopo tre anni di governo, i numeri sugli sbarchi non dicono che la situazione sia stata risolta. Anzi. Eppure, i consensi non crollano: reggono. Perché? Perché non è la realtà che conta, è la postura. Non importa se il blocco navale sia una barzelletta, importa che tu lo dica con aria decisa, mascella serrata, voce ferma. Gli elettori premiano il tono, non la sostanza.

È lo stesso schema di Donald Trump: ti inventi che i migranti mangiano cani e gatti, e quando anche la Fox ti smentisce, non importa. Hai già passato il messaggio: “loro” sono alieni, estranei, pericolosi. Il resto è dettagli.

La sinistra, invece? Balbetta. Prova a spiegare con dati e grafici che in realtà l’immigrazione serve per il sistema pensionistico, che senza lavoratori stranieri i campi e le fabbriche chiuderebbero, che siamo in inverno demografico. Tutto giusto. Tutto vero. Ma elettoralmente suicida. Perché? Perché non scalda pancia e cuore. E perché sembra un comizio fatto da un algoritmo di statistica, non da qualcuno che abbia mai parlato con un elettore fuori dalla ZTL.

L’identità che batte l’economia

Uno studio di Gennaioli e Tabellini lo dice chiaro: oggi non ci dividiamo più per reddito, ma per identità culturale. Puoi anche promettere più welfare e più salario minimo, ma se l’elettore pensa che “il suo mondo” venga eroso, vince chi promette muri e respingimenti.

È il paradosso della sinistra: figlia del materialismo storico, continua a leggere il mondo in chiave economica, mentre gli elettori lo leggono in chiave simbolica. Un cortocircuito che lascia campo libero alla destra. E quando qualcuno prova a rompere lo schema, finisce bollato come “rossobruno”: vedi Wagenknecht in Germania o Marco Rizzo in Italia, che fanno la parodia del populismo duro e puro, ma con un linguaggio pseudo-proletario.

Il finto problema che diventa reale

Il bello – o il brutto – è che l’immigrazione come emergenza perenne non regge ai numeri. Non siamo invasi. Non siamo sostituiti. Il “piano Kalergi” è fuffa da Telegram. Ma se milioni di persone lo percepiscono come minaccia, diventa realtà politica, più vera dei numeri. Dire che è un falso problema equivale a dire agli elettori: “siete scemi”. E quale modo migliore per perderli tutti?

Così la sinistra si trova incastrata. Non può sposare le deportazioni di massa. Non può dire “chiudiamo i porti”. Ma non può nemmeno continuare a fare la maestrina col ditino. Risultato: si rifugia in un silenzio imbarazzato, rotto solo da qualche appello umanitario che suona paternalista. E la gente, dall’altra parte, applaude a chi urla più forte.

La destra globale, unita dalla paura

Germania: AfD al 25%. Gran Bretagna: Reform di Farage davanti ai Tories. Francia: Marine Le Pen che corre spedita verso l’Eliseo. USA: Trump che, nonostante i processi e le bufale, resta competitivo. Ovunque, la destra cresce perché ha trovato un carburante inesauribile: la paura dell’altro.

E la sinistra? Discute. Litiga. Si divide tra chi dice “dobbiamo ascoltare la paura” e chi ribatte “non possiamo legittimarla”. Nel frattempo, il treno passa, e sopra c’è scritto “No immigration, no future”.

Le narrazioni perdenti

La sinistra ne ha provate tante, tutte fallite.

  1. La linea umanitaria: “Siamo tutti esseri umani, accogliere è un dovere morale.”

→ Risultato: bollati come buonisti fuori dal mondo.

  1. La linea economica: “Senza immigrati non paghiamo le pensioni.”

→ Risultato: chi ascolta pensa: “E quindi io devo lavorare di più per mantenere gente che non conosco?”

  1. La linea del falso problema: “L’immigrazione è solo propaganda.”

→ Risultato: elettori inferociti che si sentono trattati da ingenui.Tre strategie, tre sconfitte.

Al contrario, la destra ha trovato lo slogan perfetto: semplice, brutale, efficace.

  • “Prima gli italiani.”
  • “Blocchi navali.”
  • “Fuori i clandestini.”

Non importa se non funzionano. Importa che la gente li capisce al volo. È marketing politico di livello elementare, ma funziona come la Coca-Cola: tutti la conoscono, pochi la amano per la qualità, ma tutti la bevono.

Il guaio della sinistra è anche psicologico. Si sente sempre un po’ più intelligente, più colta, più etica. E quando parla di immigrazione, trasuda paternalismo. Ma l’elettore medio non vuole sentirsi trattato come un ignorante: vuole sentirsi rassicurato. E se a rassicurarlo è chi urla di deportazioni, poco importa che sia disumano. L’alternativa è essere derisi come creduloni.

E così, tra un dato Istat e un convegno sul multiculturalismo, la sinistra resta ferma. Mentre Salvini, Meloni e compagnia cantano fanno la passerella sui moli.

L’ironia della storia è che l’Europa, senza migranti, muore. Invecchia, si spegne, implode. Abbiamo bisogno di forza lavoro giovane, e non ce l’abbiamo. Ma provate a dirlo a un elettore che già teme di perdere il posto: suona come un insulto, non come un piano di salvezza. La verità demografica non ha alcuna presa contro la percezione identitaria.

Se la politica è narrazione, la destra oggi ha la favola perfetta: “loro” vengono, “noi” resistiamo. Semplice, binaria, mobilitante. La sinistra, invece, non ha una storia da raccontare. Ha statistiche, grafici, qualche concetto astratto. Non emoziona, non mobilita. E in politica, chi non emoziona, perde.

Il rischio del rossobrunismo

Ogni tanto, qualcuno a sinistra dice: “Basta, dobbiamo parlare di immigrazione in modo realistico, senza tabù.” Ed ecco che subito piovono accuse di rossobrunismo. Il risultato è che chiunque osi uscire dalla narrazione “immigrazione come risorsa” viene scomunicato. Ma intanto gli elettori vanno in massa verso chi parla chiaro, anche se in maniera brutale.

Il mito della multiculturalità

Difendere la multiculturalità come valore assoluto è nobile. Ma in un contesto in cui la maggioranza percepisce il multiculturalismo come minaccia, diventa un suicidio politico. È come presentarsi a un comizio di agricoltori con un discorso pro-glifosato. Non funziona. Punto.

Che fare, allora? La domanda resta aperta: come affrontare il tema senza inseguire la destra e senza sembrare marziani? La risposta non c’è, e infatti la sinistra globale boccheggia. Ma qualche spunto esiste:

  • Riconoscere il problema senza negarlo.
  • Parlare di regole chiare, ingressi legali, integrazione seria.
  • Legare immigrazione a sicurezza, ma in senso positivo: sicurezza di chi arriva e di chi accoglie.
  • Raccontare l’identità non come assedio, ma come forza che si arricchisce.

Il problema è che tutto questo richiede un linguaggio nuovo, meno accademico e più popolare. Richiede di sporcarsi le mani, di scendere dal piedistallo morale. E la sinistra, almeno finora, non ci riesce.

In politica non vince chi ha ragione, vince chi ha narrazione. E oggi la destra, tra bufale, facce feroci e proclami, ha la narrazione più potente. La sinistra resta intrappolata in un limbo: non può dire sì alle deportazioni, ma non può nemmeno continuare a dire “è propaganda”. Risultato: perde ovunque.

Forse un giorno capirà che la gente non vota per i numeri, ma per le emozioni. Che non basta avere ragione: serve anche sembrare forti, rassicuranti, credibili. Fino ad allora, il copione resterà questo: la destra ruggisce, la sinistra balbetta. E a pagare il conto saranno sempre gli stessi: i migranti usati come spauracchio e un’opinione pubblica che scivola, senza accorgersene, verso un autoritarismo digerito a colpi di slogan.

 

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