Regole e interessi
Dopo 14 anni di attesa, il decreto sugli investimenti delle Casse di previdenza è pronto per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
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Ma è calato il niet del Ministero del lavoro che lo ha bloccato per ulteriori riflessioni.
Gli iscritti alle Casse di previdenza sono per lo più in ferie e lontani da queste problematiche.
Cosa bolle in pentola?
Da una parte c’è la volontà del Governo di indirizzare il patrimonio delle Casse di previdenza verso l’economia reale italiana investendo nel Fondo nazionale strategico (FNS) istituito dal Ministero dell’economia e delle finanze in collaborazione con Cassa depositi e prestiti e Borsa italiana.
Si tratta di un fondo, strutturato come un fondo di fondi, dedicato a investimenti di lungo periodo in PMI italiane quotate, con l’obiettivo di promuovere la crescita sostenibile e attrarre capitali nazionali e internazionali (fonte: Plus di Il Sole 24Ore del 23.08.25) e anche nel fondo di fondi a trazione di Cassa depositi e prestiti venture mediante il quale attrarre gli investimenti di fondi pensione e Casse di previdenza sul mondo delle start up italiane dove oggi la presenza di questi investitori istituzionali è praticamente quasi inesistente.
Venture capital, ricordo, è capitale di ventura!
Dall’altra parte l’opposizione delle Casse ad applicare il codice degli appalti nella scelta dei gestori e alle stringenti regole sulle incompatibilità del management delle Casse di previdenza a ricoprire poltrone e strapunti nella finanza.
La riflessione invocata dalla Ministra Calderone troverà un punto di incontro?
Non è dato sapere perché vige il silenzio assoluto su queste manovre.
Ma l’astensione di Enpam, Enasarco e Cassa Forense (con il 5% complessivo) sul tentativo di acquisto di Banca Generali da parte di Mediobanca, lascia capire l’allineamento delle Casse con il Governo e apre la strada alla scalata di MPS su Mediobanca e sul controllo di Generali.
È notizia di oggi, che proviene dall’intervista del Sottosegretario al lavoro Claudio Durigon al Corriere della Sera, “la possibilità, sempre su base volontaria, di usare anche il TFR presso l’INPS come rendita per raggiungere la soglia minima di pensione, pari a tre volte l’assegno sociale (€ 1.616,00) che da accesso alla pensione a 64 anni”.
In buona sostanza il Governo, in questo finale di agosto, ribadisce la volontà di congelare l’adeguamento dell’età di uscita dal lavoro alle aspettative di vita e l’uso del TFR sia per consentire l’uscita anticipata dal lavoro, sia per rafforzare gli assegni pensionistici.
Ora va ricordato che il TFR è denaro dei lavoratori che una norma ha deciso di differire nel tempo.
Forse sarebbe meglio restituirlo al lavoratore in busta paga attraverso una ulteriore mensilità.
Credo che alla ripresa dell’attività ne vedremo delle belle, sia su un fronte che sull’altro.
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