L’ultima riforma è servita più alla Cassa che agli avvocati.
Se non si interviene con correttivi strutturali, i giovani iscritti saranno poveri da vecchi.
In evidenza

Licenziando la riforma previdenziale di Cassa Forense con l’opzione dal 01.01.2025 al metodo di calcolo contributivo, in pro-rata temporis; i Ministeri vigilanti, sotto il profilo dell’adeguatezza delle prestazioni, hanno osservato quanto segue:
«Sotto il profilo dell’adeguatezza delle prestazioni, gli effetti della riforma sono stati valutati tramite l’analisi dei tassi di sostituzione di cui all’art. 4 del D.M. 29 novembre 2007, calcolati al lordo ed al netto del prelievo fiscale e contributivo, distintamente per genere e regime di calcolo (misto o contributivo), riferiti a soggetti che accedono al trattamento pensionistico di vecchiaia e di vecchiaia anticipata. Nel prospetto seguente, a titolo esemplificativo, sono stati posti a confronto i tassi di sostituzione netti, distinti per genere, ante e post riforma, riferiti a tre epoche diverse: nel 2025 per un pensionato attuale con trattamento prevalentemente retributivo; nel 2045, dopo 20 anni di applicazione della riforma, con un trattamento di vecchiaia calcolato con il sistema misto e nel 2065, dopo 40 anni, con una pensione interamente contributiva.
A seguito della riforma, si evidenzia che il tasso di sostituzione netto di un iscritto che accede alla pensione di vecchiaia nel 2025 passa dal 72,4% a normativa vigente al 68,4% dell’ultimo reddito professionale mentre, se donna, il tasso netto passa da 81,3% al 78,9% dell’ultimo reddito professionale. Per chi accede nel 2045, le differenze sono più evidenti: il valore scende dal 43,0% al 31,2% dell’ultimo reddito professionale per gli uomini e dal 55,0% al 46,7% dell’ultimo reddito per le donne. Per i pensionati futuri nel 2065, il tasso netto passa dal 41,0% al 28,5% per gli uomini e dal 41,2% al 34,4% dell’ultimo reddito professionale per le donne. Analoghe conclusioni per i trattamenti di vecchiaia anticipata, laddove risulta ancora più evidente il divario di genere.
Posto quanto sopra, per effetto dell’introduzione del sistema di calcolo contributivo, si registra una generalizzata riduzione dei livelli di adeguatezza delle prestazioni pensionistiche, decisamente più marcata per gli uomini. Considerato che tra le attribuzioni affidate dalla legge agli enti di previdenza obbligatoria, sussiste l’erogazione di trattamenti previdenziali atti a garantire un tenore di vita adeguato sia rispetto a quello precedente al pensionamento che alle future condizioni di vita, si invita codesta Cassa a dedicare maggiore dettaglio all’analisi dei tassi di sostituzione, sia lordi che netti, ai fini dell’adozione di eventuali politiche da mettere in atto per il miglioramento delle prestazioni pensionistiche. Infine, si condivide quanto segnalato dal covigilante Ministero dell’economia che considera “opportuna la pubblicazione, sul sito della Cassa, sia delle risultanze attuariali più recenti trasmesse a corredo del provvedimento in esame sia di un’adeguata informativa circa l’importo della futura pensione degli iscritti secondo diverse ipotesi di sviluppo di carriera”». (Nota del 27.09.2024 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali).
Si deve far riferimento agli artt. 68 e 69 del regolamento unico della Previdenza forense.
“Per gli iscritti, per la prima volta alla Cassa dal 1.1.2025, l’importo della pensione, è determinato interamente secondo il sistema contributivo moltiplicando il montante individuale complessivo per il coefficiente di trasformazione relativo all’età dell’iscritto al momento del pensionamento secondo la tabella A della legge 335/1995”.
Fino ad oggi non mi risulta che Cassa Forense abbia pubblicato sul proprio sito le risultanze attuariali più recenti (ho notizia anche di un rinnovato bilancio tecnico sempre segregato agli iscritti) né tantomeno un’adeguata informativa circa l’importo della futura pensione degli iscritti, secondo diverse ipotesi di sviluppo di carriera.
Il tasso di sostituzione non rende l’idea del quantum che si andrà a prendere.
Andiamo allora a fare un’analisi comparativa con il sistema della gestione separata dell’INPS, con INARCASSA, che ha optato già dal 2012 per il sistema di calcolo contributivo, EPPI, EPAP – Ente pluricategoriale Casse del 103/1996, CNPADC e, da ultimo, con le pensioni contributive già in essere in Cassa Forense, sui valori medi delle pensioni erogate.
Al 31.12.2024 l’INPS aveva 16,3 milioni di pensionati di cui 7,9 milioni maschi e 8,4 milioni femmine con una spesa globale di 364 miliardi di euro.
«Per quanto riguarda la distribuzione tra gestioni, le prestazioni di tipo previdenziale erogate dall’INPS erano per il 47% a carico del Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, con un importo lordo medio mensile pari a 1.408 euro. Il 30% era a carico della Gestione Lavoratori Autonomi e Parasubordinati (importo medio pari a 942 euro) e il 19% era a carico della Gestione Dipendenti Pubblici (importo medio 2.221 euro)». (Fonte: Rapporto annuale INPS, luglio 2025, pag. 217).
Per la Gestione Speciale INPS, abbiamo quindi un importo medio di pensione contributiva lorda mensile pari a € 942,00.
Dal Bilancio consuntivo di INARCASSA 2024, abbiamo erogate 5.892 pensioni contributive per un onere annuo medio di € 4.266,00 lordi che, diviso per 13, da un rateo medio mensile lordo di € 328,15.
Dal Bilancio consuntivo 2024 di EPPI, Periti industriali, risultano erogate 6.517 pensioni contributive con una spesa di € 37.279.331 che da una pensione annua lorda media di € 5.720 alla quale, divisa per 13, corrisponde un rateo mensile lordo di € 440,02.
L’EPAP, Ente pluricategoriale, ha 33.458 iscritti con 4.685 pensionati dei quali 2.017 pensionati non attivi. Spende per pensioni contributive al 31.12.2024, 18,2 milioni di euro che, diviso per 4.685, da una pensione media annua di € 3.884,73 che, diviso per 13, da un rateo mensile lordo di pensione di € 298,83.
Nell’EPAP vi sono anche gli attuari.
Nel prospetto delle pensioni figurano 2 attuari titolari di nuove pensioni di vecchiaia con un montante di € 227.953 e pensioni di € 4.672 lorde annue. Vi è pure una pensione di reversibilità di € 2.073 lordi annui!
Dal consuntivo di CNPADC, Cassa Commercialisti, 2024 (a partire dal 2004 la CNPADC ha implementato una serie di riforme tra cui l’aumento dell’età pensionabile e il passaggio al sistema di calcolo contributivo):
Trattamenti pensionistici ammontano ad € 449,9 milioni, di cui € 128,4 milioni per pensioni calcolate con il metodo contributivo. L’incremento del costo rispetto al precedente esercizio (€ 55,8 mln) è correlato al maggior numero di aventi diritto e all’applicazione del tasso di rivalutazione ISTAT sui trattamenti pensionistici. In merito a quest’ultimo si evidenzia che il dato include circa € 36,0 milioni dovuti all’effetto rilevante legato all’applicazione del tasso di rivalutazione ISTAT nella misura del +8,8%, così come determinato a settembre 2023 ed approvato dal Ministero vigilante a dicembre 2023. A titolo comparativo l’importo della rivalutazione incluso nei trattamenti pensionistici 2023 è stato pari a circa € 14,0 milioni a fronte di un adeguamento ISTAT pari al +4,5%. Le pensioni in pagamento, nel corso dell’esercizio, sono risultate mediamente pari a 11.966 (contro 11.067 nel 2023) mentre il costo medio dei trattamenti ammonta – in termini unitari – a circa € 36.278 (contro € 34.420 circa nel 2023). A fine 2024 i titolari di trattamenti pensionistici – diretti (vecchiaia, vecchiaia anticipata, invalidità e inabilità, unica contributiva), indiretti e di reversibilità – sono 12.414 di cui 1.090 in totalizzazione e 201 in cumulo. Rispetto alla consistenza del precedente esercizio, pari a 11.500 unità, il numero dei titolari di trattamenti pensionistici al 31 dicembre 2024 è aumentato, nel suo complesso, di 914 unità (+7,9%), di cui, in particolare, 54 unità per pensioni in totalizzazione e 59 unità per pensioni in cumulo. L’incremento deriva principalmente da due tipologie di prestazioni: la pensione unica contributiva (+19%) e la pensione di vecchiaia anticipata (+13%). Si evidenzia che il decesso dell’iscritto pensionato può comportare il riconoscimento di uno o più trattamenti pensionistici ai superstiti (coniuge e/o figli) generando un effetto moltiplicativo sul numero dei pensionati. Posto che le quote di pensione riconosciute ai superstiti sono delle frazioni del trattamento che sarebbe spettato all’iscritto de cuius, si ritiene opportuno sterilizzare questa “frammentazione previdenziale” – mantenendo quindi il rapporto di 1:1 – riportando il numero dei “pensionati”, negli indicatori demografici, a 11.894 nel 2024 (contro 10.993 nel 2023). Si rimanda alla sezione “Aspetti previdenziali e istituzionali” della Relazione sulla Gestione per le relative analisi di detti indici. Al fine di fornire una misura di adeguatezza dei trattamenti pensionistici si evidenzia che la pensione media erogata nel 2024 per i trattamenti di vecchiaia e vecchiaia anticipata (interamente erogate dalla Cassa, c.d. pure) è pari ad € 46.764 (€ 44.763 nel 2023) – che, aggiungo io, divisa per 13 da un rateo mensile lordo di € 3.597,23.
Dai numeri dall’Avvocatura anno 2024, risulta che Cassa Forense ha erogato 2.205 pensioni contributive per un importo annuo medio di pensione di € 5.444,00 lordo che, diviso per 13, da un rateo medio mensile lordo di € 418,77.
Ora è vero che nella Gestione Separata INPS, per il 2025, la contribuzione per i liberi professionisti con partita IVA, non iscritti ad altre gestioni obbligatorie, né pensionati, è pari al 26,07% con un minimo annuo di retribuzione per il 2025 in € 18.555,00, però la pensione media risulta pari a € 942,00, più del doppio di quella erogata sia da INARCASSA che da Cassa Forense.
CNPADC, Cassa Commercialisti è la Cassa più virtuosa sia perché è transitata al metodo di calcolo contributivo nel lontano 2004, sia per i redditi dichiarati dagli iscritti, al 31.12.2024 sono 73.688 gli iscritti, reddito medio 88.366 e volume d’affari medio 157.300.
«In merito alla sostenibilità finanziaria prospettica, come riportato nella Relazione degli Amministratori sulla gestione, l’Ente ha raggiunto oltre 12,5 miliardi di euro di riserve patrimoniali pari a 27,8 (29 al 2023) il costo delle pensioni correnti (€ 449,9 mil). Rispetto al costo delle pensioni riferibili al 1994 (€ 27,1 mln), il patrimonio netto al 31 dicembre 2024 corrisponde a oltre 461 volte il costo delle pensioni in essere, contro il minimo di 5 volte, previsto dal decreto legislativo n. 509/1994» .(Dalla relazione del Collegio sindacale).
Tenuto conto che l’assegno sociale per il 2025 (misura assistenziale) erogato dall’INPS, a chi non abbia versato nemmeno un contributo, è pari € 538,69 lordi per 13 mensilità, mi pare evidente che il futuro pensionistico delle generazioni di avvocati iscritti in Cassa Forense dal 01.01.2025 sarà, per molti, al di sotto dell’assegno sociale INPS e quindi il problema si pone in tutta la sua evidenza.
Marina Piovera e Michele Proietti (past DG di CF) alla pag. 157 e seguenti della loro Guida alla previdenza degli avvocati aggiornata alla riforma in vigore dal 2025 (CEDAM, 2025), affrontano il tema con delle simulazioni del tasso di sostituzione a seconda della velocità di carriera. Per una carriera lenta il tasso di sostituzione lordo risulta del 27,3%, per una carriera media del 21,0% e per una carriera veloce del 15,8% e questo succede perché “nel sistema contributivo, la pensione si basa sui contributi versati e rivalutati nel corso della vita lavorativa. Se il reddito cresce velocemente, i contributi versati negli anni iniziali – più bassi perché commisurati ad un reddito inferiore – hanno un peso maggiore nel calcolo della pensione perché vengono rivalutati per un periodo di tempo più lungo. Al contrario, i contributi versati negli ultimi anni incidono meno sul contante contributivo perché hanno meno tempo per essere rivalutati. Questo fa sì che la pensione risulta meno proporzionata all’ultimo reddito, riducendo in questo modo il tasso di sostituzione. Dall’analisi di questi dati emerge che il livello di pensione per gli iscritti in regime contributivo puro appare insufficiente a mantenere il tenore di vita raggiunto durante l’attività lavorativa. Per questi iscritti, si pone non solo un tema di adeguatezza della pensione ma anche di equità intergenerazionale, posto che non vengono garantire loro le stesse risorse e possibilità delle generazioni precedenti”.
Quindi ai nuovi iscritti dal 01.01.2025 va spiegata esattamente questa situazione, numeri alla mano, con l’invito a provvedersi sin da subito ad una copertura previdenziale complementare, che potrà essere la modulare già in atto in Cassa Forense, o altra copertura fra le tante offerte dal mercato.
Qualcuno potrà dire che CF, per gli iscritti dal 01.01.2025, non assolve i parametri di cui all’art. 38 Costituzione, e questo è effettivamente il problema che non è sfuggito nemmeno ai Ministeri Vigilanti!
Si potrebbe, per esempio, riprendere in mano la proposta di riforma del 2022 destinando una quota del contributo integrativo ad incrementare il montante individuale , nell’ottica dell’equità intergenerazionale.
Quello che non capisco è il disinteresse, che noto, sui temi previdenziali che sono poi la mission principale di Cassa Forense.
E quindi ripropongo la stessa domanda che ho già posto: a cosa è servita l’ultima riforma di Cassa Forense?
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