I penalisti di Milano: subito in aula, no a giustizia da remoto
La Camera Penale: "i processi possono riprendere in sicurezza"
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Il Palazzo di Giustizia di Milano è dotato di “ampie aule” che sono “sicuramente più idonee a garantire il distanziamento sociale” tra avvocato e imputato che, in caso di un processo “da remoto” sarebbero costretti a condividere un’unica postazione. Lo sottolineano i penalisti milanesi che nel giorno dell’avvio della Fase 2 dicono no a “una giustizia da remoto, sicura solo per qualcuno” e chiedono di poter “tornare in aula subito” nella consapevolezza che “l’attività giudiziaria possa e debba riprendere tutelando la salute di tutte le persone che partecipano al processo”.Il problema, denuncia la Camera Penale di Milano in una nota, è che la fase 2 “pare non valere per la attività giudiziaria, per la quale sembra escludersi la possibilità, ovviamente adottando le idonee misure organizzative, di tornare gradualmente a celebrare i processi nelle aule del Palazzo di Giustizia”. Invece basterebbero alcuni piccoli “accorgimenti” – come sanificazione delle aule e udienze organizzate in modo da evitare assembramenti di persone – per permettere agli avvocati di “tornare in aula subito, come a breve torneranno al lavoro pressocchè tutti i lavoratori del Paese, senza privilegi”. Uno scenario possibile soprattutto a Milano, dove le “ampie aule”, le “aule bunker” e gli “altri spazi fruibili all’interno del palazzo di giustizia permettono “se debitamente organizzati, l0utilizzo di postazioni distanziate, dotate di un microfono per ciascuna delle parti”. Basterebbe infatti intervenire sulla “scansione temporale dell’udienza, con trattazione dei processi ad orario stabilito” per “far entrare finalmente l’amministrazione della Giustizia nel mondo moderno, evitando assembramenti e disagi che, francamente, non avrebbero necessitato una pandemia per essere risolti”.
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