Anno: XXVI - Numero 239    
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«Avvocati uniti per il Sì», il patto tra Ocf e associazioni forensi

Inaugurato ieri nella sede dell’Organismo congressuale il coordinamento tra le rappresentanze della professione in vista del referendum sulla riforma.

«Avvocati uniti per il Sì», il patto tra Ocf e associazioni forensi

«Da anni insistiamo sul rilievo sociale e civile della nostra professione. Bene, è il momento di dare senso al principio: l’impegno per il Sì alla separazione delle carriere è un’occasione storica». Fedele Moretti lo dice da coordinatore di Ocf, nella sede di via Valadier a Roma, dal banco di solito riservato al “board” dell’Organismo. Ma nell’incontro convocato ieri pomeriggio, Moretti si fa interprete di uno slancio unitario della professione, a cui ha dato il via il Cnf e che, auspica il vertice di Ocf, «andrà oltre le singole rappresentanze: da oggi diamo vita a un coordinamento fra l’Organismo congressuale forense e tutte le associazioni».

Al suo fianco sono seduti non solo un altro componente dell’“esecutivo” di via Valadier, Carlo Morace, e il componente dell’assemblea Ocf Giovanni Tarquini, ma anche i vertici di alcune delle più importanti sigle associative dell’avvocatura: i presidenti di Ucpi Francesco Petrelli, dell’Unione Camere civili Alberto Del Noce, dell’Aiga Luigi Bartolomeo Terzo, di Anai Isabella Stoppani e la segretaria di Movimento forense Maria Chiara Ruzza. A loro si aggiungerà, in tempo reale, l’Unione italiana forense, rappresentata dal presidente della sezione capitolina Antonio De Simone.

È una conferenza stampa ma in realtà è un atto costitutivo: come dice Moretti, «ora tocca a noi rivolgerci ai cittadini, trasferire le ragioni della riforma, sforzarci di esporle anche con un registro comunicativo più basso, accessibile a tutti, non tecnico ma semplice». Ecco, nelle parole di Moretti c’è il senso della giornata di ieri, di una chiamata a raccolta per tutti gli avvocati, che stavolta devono far valere la loro funzione civile come testimoni di un riforma decisiva per la democrazia. È un primo passo, quello annunciato dal coordinatore Ocf, che ha una base “ideale” solidissima, alla cui descrizione cui provvede innanzitutto Morace: «Intanto c’è un messaggio che va rivolto all’interno del nostro mondo: la separazione di giudici e pm è una modifica costituzionale che non ha colore politico e che realizza anche un obiettivo implicito, ma finora incompiuto, dell’articolo 111: conferire una posizione nuova e più rilevante all’avvocato nella giurisdizione. I colleghi che si schierano per il No finirebbero per negare, di fatto, negano questa nostra centralità». E poi Morace snocciola un paio di aspetti che forse la stessa politica favorevole al Sì fatica a individuare: «Bisogna evitare qualsiasi interferenza del pm sulla carriera del giudice. E soprattutto, la separazione delle carriere è anche garanzia di efficienza: sottrae la scelta dei magistrati a cui assegnare incarichi direttivi e semidirettivi, nelle Procure come nei Tribunali, agli accordi fra le correnti. Così la riforma valorizza davvero le qualità dei singoli giudici e dei singoli pm». Ecco perché il “divorzio” nell’ordine giudiziario, aggiunge il componente del coordinamento Ocf, «riguarda appieno anche il civile e i nostri colleghi civilisti, ecco perché il sorteggio, nell’impedire che la selezione sia in capo alle correnti e nel restituirla al merito, assicura davvero la terzietà del giudice».

Chiarissimo, come lo è l’osservazione di chi, come il leader dell’Ucpi Petrelli (seguito in sala anche da uno dei suoi predecessori, Valerio Spigarelli), richiama «la raccolta firme di noi penalisti da cui la riforma ha origine, nel 2017: sono stati i cittadini a creare le basi, i presupposti per la riforma, e sono sempre i cittadini che dovranno pronunciare l’ultima parola con il voto al referendum. Ditemi voi se potrebbe mai esserci un’affermazione di democrazia più limpida di questa».

Il punto resta la scelta delle parole giuste, in modo da «sottrarre i cittadini agli equivoci sulla riforma», come ricorda Tarquini, che per Ocf è anche in prima linea nel gruppo di lavoro sulle carriere separate. E la sfida, appunto, coinvolge anche i civilisti, il cui presidente Del Noce è non a caso presente alla conferenza stampa di ieri: «Sì, dobbiamo rivolgerci ai cittadini con linguaggio semplice. Ricordarci che i colleghi penalisti hanno iniziato questa battaglia non solo per loro stessi ma per tutti gli avvocati, e che si tratta di una riforma non del processo penale ma del sistema giudiziario, che è cosa ben diversa».

Una modifica costituzionale che riguarda appunto l’intera professione forense: lo conferma Stoppani, che ricorda un altro aspetto centrale nella legge in attesa del visto referendario, «il nuovo modello disciplinare e la presenza esclusiva, nella futura Alta Corte, di magistrati della Cassazione, in virtù di un principio comparativo che non può tenere tutti sullo stesso piano. Lo ribadisce anche il neopresidente Aiga Terzo, che con grande concretezza annuncia per oggi «il primo direttivo da me convocato, che si terrà nell’auditorium di Cassa forense e che vedrà i giovani avvocati riuniti qui a Roma proprio sulla separazione delle carriere». È, ancora, lo stesso spirito di condivisione sottoscritto dalla segretaria nazionale del Movimento Forense Maria Chiara Ruzza, che pure insiste sulla necessità di «affrancarci dal giuridichese, ed essere il più diretti possibile».

E non si tratta di una prospettiva che escluda i magistrati, perché, come dice il rappresentante dell’Uif De Simone, «questa è la riforma dell’avvocatura che ha a cuore davvero l’indipendenza del giudice». Sembra di sentir palare Petrelli: è la prova che stavolta, davvero, la professione forense si muove con spirito unitario.

Errico Novi su Il Dubbio

 

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