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La separazione delle carriere non è punitiva, è una conseguenza tecnica necessaria

Dal palco di Atreju, Carlo Nordio difende ancora una volta la riforma della giustizia e respinge come “miseria argomentativa. Il pubblico ministero viene elevato di rango, nessun intento punitivo”, ribadisce il ministro.

La separazione delle carriere non è punitiva, è una conseguenza tecnica necessaria

Intervenendo nel dibattito dedicato alla riforma della giustizia, Nordio ha difeso con decisione la proposta di separazione delle carriere, respingendo l’idea che si tratti di un intervento punitivo nei confronti delle toghe: “La separazione delle carriere non ha nulla di punitivo nei confronti della magistratura. È una conseguenza tecnica, secondo me necessitata, del modello accusatorio di ispirazione americana”, ha affermato. Il Guardasigilli ha insistito sul fatto che la riforma, al contrario, rafforzi il ruolo del pubblico ministero: “La riforma eleva il pubblico ministero di rango, attribuendogli la stessa parità formale e sostanziale del giudice. Non c’è alcun intento punitivo, né tantomeno polemico”. Nordio ha poi dichiarato: “Mi ha disgustato qualche polemica da parte di magistrati che sono arrivati alla miseria argomentativa che ha evocato la P2”, definendo quel tipo di attacco “sorprendente” e frutto di slogan. E, con tono polemico, ha aggiunto: “Nel programma della P2 c’era la riduzione dei parlamentari, cosa fatta dal governo grillino, e nessuno ha detto che erano dei piduisti”.

Nel perimetro della riforma, il ministro ha voluto poi precisare anche altri punti oggetto di contestazione: “Un’altra accusa è stata dire: questa riforma non accelererà i processi. Ma nessuno ha mai detto che lo avrebbe fatto. Stiamo facendo diverse riforme, tra cui l’assunzione di 1.600 magistrati. Una giustizia, prima di essere efficace, deve essere giusta”. L’architrave dell’intervento costituzionale, per Nordio, sarebbe un principio molto chiaro: “I pubblici accusatori non possono dare i voti ai giudici, questo è il senso della riforma. Questa cosa non sta né in cielo né in terra”.

Quanto alla consultazione popolare, il ministro ha anticipato che “la data del referendum sulla Giustizia dovrebbe essere in marzo”, precisando però che la scelta definitiva “in questo momento non dipende da noi”.

Nel confronto non sono mancate però posizioni contrarie. La giudice Silvia Albano, presidente di Magistratura Democratica, ha contestato alla radice l’impianto della riforma: secondo lei, la separazione delle carriere, infatti, c’è già, mentre il vero obiettivo del governo sarebbe invece “lo smembramento del Csm” e “la mortificazione dei componenti togati”. Albano ha poi smontato la narrazione che dipinge la magistratura come monoliticamente orientata a sinistra: “Nelle elezioni interne vince sempre la corrente considerata più vicina alla destra”.

Sul fronte politico, Debora Serracchiani ha poi avvertito che l’introduzione di due concorsi separati e il ricorso al sorteggio per il Csm rappresenterebbero un colpo diretto all’indipendenza della magistratura: “Se arriveremo a sorteggiare i magistrati, ci chiederanno di sorteggiare anche i politici. Sarebbe un no alla democrazia”.

 

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