Il circolo esclusivo in riva al Tevere e il licenziamento dell’inserviente che «ha dato del tu».
Il presidente: qui ci diamo tutti del lei.
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«Dico talvolta: Ciao, gatto! e poi mi vergogno di avergli dato del tu», confessava Giorgio Manganelli, raffinatissimo scrittore devoto all’uso del «lei». Diciamolo subito, Manganelli in vita sua non è mai stato iscritto al Circolo Canottieri Roma. Altrimenti avrebbe avuto poco di che vergognarsi: lì il «tu» è obbligatorio quantomeno tra soci e annessi animali. Ma il personale, nel prestigioso sodalizio di cui ha fatto parte persino un presidente della Repubblica della statura di Carlo Azeglio Ciampi, al contrario deve dare rigorosamente del «lei» ai signori e alle signore.
Dietro questa regola, non scritta ma in vigore da sempre tra le mura e nei giardini del bellissimo circolo in riva al Tevere, è sorta una questione che finirà in tribunale. Il 7 giugno scorso un’addetta alle pulizie di nome Samantha, veracissima romana sui cinquanta, si sarebbe rivolta scortesemente col «tu» a una socia a bordo piscina per di più lanciandole contro un asciugamano.
La donna, che ha denunciato il fatto ai vertici del Canottieri, è una manager, moglie di un noto medico del Policlinico Gemelli e, al momento dei fatti, era incinta. Dopo qualche mese e dopo una breve istruttoria, la dipendente è stata licenziata per giusta causa. E lei, dopo aver rifiutato un’offerta economica da parte del circolo, ha fatto prontamente ricorso.
Ora, a leggere le carte, si capisce che la questione del pronome in questa vicenda di lavoro è soltanto un corollario (la donna aveva ricevuto per anni lettere di richiamo per varie inadempienze). Ma resta in ogni caso la parte più gustosa. Innanzi tutto perché – se non ci fossero di mezzo un posto e uno stipendio – farebbe sorridere: a Roma la gente dà del «tu» per principio, e a chiunque, a cominciare da Papi, principi e premier. Cosa volete che sia l’episodio a bordo piscina del Canottieri?
Beh, in verità non è questione da poco. Sentiamo il presidente del circolo, Paolo Vitale, commercialista di 73 anni: «Qui da noi tutti devono darsi del “tu”, e non è una scelta: un socio 14enne doveva darlo persino al presidente onorario appena scomparso, il grande Nicola Pietrangeli. Poi, certo, al personale dovremmo rivolgerci con il “lei”. Ma lì spesso scappa il “tu”…».
Aggiunge il suo predecessore, Massimo Veneziano, amministratore delegato di Titanus, che nel pedigree d’azienda ha anche la produzione di capolavori come Il Gattopardo e Poveri ma belli: «La questione a essere sinceri c’è. A noi capita di dare del “tu” ai dipendenti e a qualche dipendente scappa il “tu” verso i soci. Io non me la prendo: qui ci sono nato, mi hanno visto bambino e capisco che non possono cambiare le abitudini solo perché sono cresciuto… Cosa so della dipendente licenziata? Beh, avevamo problemi con lei già dieci anni fa, quando ero presidente io».
Comunque sia, la vicenda di Samantha, a prescindere da come finirà (prima udienza a gennaio), rilancia l’epopea dei circoli romani. In certe zone d’Italia al centro di tutto ci sono le parrocchie; nella Capitale, i sodalizi sul fiume. Che si chiamino Canottieri Roma o Canottieri Lazio, Aniene o Tevere Remo, Esteri o Enel, è lì che da sempre si fanno le cene, si trattano gli affari, si stringono le alleanze.
È così davvero? «I circoli storici romani sono molto diversi dalla caricatura che qualche volta se ne fa», dice Stefano Brusadelli, giornalista e scrittore, socio fin da ragazzo del Canottieri Roma. «Adesso, solo per fare un esempio, i cinque circoli di canottaggio, con l’appoggio del Comune, sono riusciti ad avviare la creazione del Museo del Tevere, ed editano una collana di libri dedicati al fiume». Resta il fatto che una vicenda come quella di Samantha dà alla caricatura nuove tinte. Come se non bastassero i tempi d’oro di Cesare Previti al Canottieri Lazio o gli impicci e le stangate di Massimo Bochicchio all’Aniene, seguiti dalla sua misteriosa morte, adesso nella serate sul fiume toccherà parlare di «tu» e di «lei», come se si fosse in una corte decaduta alla vigilia della rivoluzione.
«Comunque sia, in questa causa la questione dei pronomi è marginale, glielo posso assicurare», dice l’avvocato Francesco Bronzini, che difende Samantha. «E la sanzione scelta, il licenziamento, è del tutto sproporzionata. La verità è che da parte del circolo si è voluto ingigantire una piccola cosa con lo scopo di alleggerire il numero dei dipendenti».
Ma l’episodio in questione è accaduto o no? Risponde la diretta interessata, per tramite del suo avvocato: «Io non l’ho fatto e non l’avrei mai fatto, per di più a una donna incinta». E poi c’è un testimone «che era affacciato in terrazza e ha visto», aggiunge il legale. Ma può non aver sentito… «È vero, se fosse stato lanciato un asciugamano però l’avrebbe visto», chiude l’avvocato.
Presidente Vitale, l’asciugamano è volato o no? «Noi abbiamo la testimonianza della nostra socia, che motivo avrebbe per mentire? La verità è che questa dipendente da anni dava problemi. Nel 2022 ha ricevuto una lettera di richiamo per 13 ritardi su un mese di lavoro, due anni dopo anche peggio: 21 ritardi in un mese. Poi un alterco col direttore. Ogni volta la chiamavamo con il sindacato e lei si scusava. È stata sospesa due volte, segnalata dall’Inps per aver eluso una visita fiscale…». Insomma, una storia in ogni caso imbarazzante per molti iscritti. E tra i soci onorari del Canottieri Roma, come da statuto, c’è anche il sindaco, Roberto Gualtieri. «Ieri era qui», conclude il presidente Vitale, «e s’è allenato come sempre. L’ho salutato: ciao sindaco! Se era imbarazzato? No, non mi sembrava imbarazzato». Almeno questo.
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