Giustizia, referendum 2026: l’84% è pronto a votare.
Cosa ci aspetta? Il sondaggio lanciato da Money.it ha raccolto un’indicazione molto chiara: l’84% dei partecipanti afferma che andrà a votare al referendum sulla giustizia del 2026.
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Un dato colpisce più di tutti: l’elevatissima percentuale di persone intenzionate a recarsi alle urne. È un segnale significativo, soprattutto se si considera che si tratta di un referendum confermativo, privo di quorum. In altre parole, saranno proprio gli elettori motivati — e solo loro — a determinare l’esito finale. L’affluenza, dunque, non è un semplice indicatore di partecipazione civica, ma il fattore decisivo che indirizzerà il risultato.
Il referendum, previsto tra marzo e aprile 2026, punta a confermare o respingere la riforma costituzionale che ridisegna in profondità l’assetto della magistratura: separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, nuovo modello di Consiglio Superiore della Magistratura e creazione di un’Alta Corte Disciplinare. È una consultazione che tocca nodi storicamente sensibili del sistema giudiziario italiano e che, per questo, sta generando un confronto politico acceso.
Le posizioni sono distanti. I favorevoli vedono nella riforma un’occasione per aumentare l’imparzialità, limitare le interferenze interne al CSM e rafforzare la fiducia dei cittadini nella giustizia. I contrari, invece, temono uno squilibrio tra i poteri dello Stato e una possibile erosione dell’indipendenza della magistratura, in particolare a causa del nuovo meccanismo disciplinare.
Alla luce di queste tensioni, il risultato del sondaggio suggerisce che l’elettorato percepisce il referendum come un passaggio davvero cruciale. La forte propensione al voto riflette la consapevolezza che la riforma non riguarda solo l’organizzazione interna dei magistrati, ma anche il delicato rapporto tra cittadini, politica e giurisdizione.
La vera sfida, da qui ai prossimi mesi, sarà garantire un dibattito pubblico all’altezza della complessità del tema. Perché una partecipazione numericamente alta non basta: serve soprattutto un voto informato, capace di andare oltre gli slogan e di valutare con lucidità le conseguenze che questa riforma potrebbe avere sul futuro della giustizia italiana.

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