Anno: XXVI - Numero 206    
Lunedì 27 Ottobre 2025 ore 13:15
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La pace a metà

Si marcia per Gaza, ma non per Kiev: la coscienza è diventata selettiva?

La pace a metà

Sono le immagini che muovono le coscienze, ne sollecitano l’impegno, dànno la scossa, creano fenomeni irreversibili? Ma quanta coscienza ci può essere senza conoscenza? E l’umanitarismo può essere selettivo? Se lo è, non è, è finzione, superficialità, inutilità, onda destinata a finire. Se sull’impegno di centinaia di migliaia di giovani nelle piazze Pro Pal si è addirittura aperto un dibattito culturale, sulla cesura epocale che starebbe dietro questo nuovo flusso di coscienza, è perché è stato maledettamente preso sul serio. Indagare, capire e scorgere segnali di un futuro diverso dal presente, si vuole e si vorrebbe.

Allora, perché si marcia per i palestinesi e non si marcia per gli ucraini? Disilluso se lo chiede Aldo Grasso in prima pagina sul Corriere della sera.

“Folle accorate sfilano per la Palestina ma pochi scendono in piazza per l’Ucraina – scrive l’editorialista del Corriere-. Le suggestioni delle immagini sono aumentate al punto tale da produrre una distorsione cognitiva, una legittima emozione ma una mancanza di razionalità. Le macerie di Gaza sono così disperate da turbare la nostra coscienza e forse il senso di colpa; le rovine dell’Ucraina sono così macabramente ordinarie da non smuovere la piazza. La supremazia dell’immagine, deflagrata con l’AI, facilita i sussulti della pietà e del narcisismo ma impedisce di percepire il pericolo grave che Putin rappresenta per l’Europa e i suoi valori. La compassione è ciò che resta se si dimentica la paura”.

Dov’è la differenza? Non si marcia contro un dittatore, tanto non ascolta? Siamo sicuri? Oppure c’è un retropensiero su quel conflitto ormai in corso da tre anni e mezzo, un’analisi geo strategica di parte, il fatto che si fronteggino due eserciti, la Nato, l’Europa, la Storia eccetera, eccetera. Non c’è un sistematico sterminio, l’urbicidio di Gaza, la fame, i bambini morti a migliaia? Ma anche di questo, siamo sicuri? È in corso un’aggressione senza che ci sia qualcosa nemmeno lontanamente paragonabile al 7 ottobre come presupposto, su questo non ci piove. Sembra, a voi che avete dedicato febbrilmente il vostro tempo a sostenere la causa del popolo palestinese, che non ci siano i presupposti per dire basta, anche dirlo al vento, ma dirlo? Non vedete abbastanza, i canali di comunicazione alternativi su cui vi informate non descrivono gli eccidi, i bombardamenti russi quotidiani da mille e passa giorni sulla popolazione civile ucraina sempre più allo stremo? Nei decenni scorsi le guerre si vedevano meno, ma non era ragione sufficiente per non prendere posizione, per cercare verità e falso, per discernere. E, soprattutto, se si è pacifisti lo si è sempre. È vero, i pacifisti hanno spesso marciato contro i governi occidentali. Se vogliamo un limite intrinseco, ma il riconoscimento che solo le democrazie possono emendare davvero se stesse.

La mobilitazione di mezza Europa e in molte parti del mondo per la causa dei palestinesi ha pesato anche sui governi (al di là delle semplificazioni davvero stucchevoli della nostra premier), ha pesato su Trump e su Netanyahu. La si definisca come si vuole l’attuale fase in Medio Oriente. Non è certo una pace giusta, ma l’unica oggi possibile (e probabilmente la pace giusta non esiste), ma a Gaza ora si respira un po’ di più, non si muore (violazioni del cessate il fuoco purtroppo ci sono state), l’esercito israeliano è fermo, anche se presente. E, soprattutto, discutibile quanto si voglia, l’America di Trump, con il coinvolgimento dei Paesi arabi che contano, ha deciso, ancora una volta nella sua storia, di ergersi a garante di accordi, non volendo passi indietro da tutti, a partire da Israele.

Allora perché non marciate per la fine della guerra in Ucraina? La domanda non è posta a tutti, ma a voi, giovani sotto i trent’anni che dite di avere o di sentire una consapevolezza nuova, di essere in pena per le ferite inferte all’umanità in Palestina. Non ha senso operare distinguo, non ha senso passare in filigrana le cosiddette “ragioni di Putin” come hanno fatto in questi anni molti dotti analisti e qualche direttore di giornale. Non ha senso dire che l’Europa sta armando l’Ucraina, e allora… Allora, cosa? La sgangheratissima Europa stava e sta in piedi e che si è data con sempre meno convinzione l’orizzonte dell’unità tra mille problemi, non si sognava nemmeno lontanamente di doversi riarmare per difendersi o combattere e sostiene Kiev come parte della propria storia e destino comune. Cos’è, sentite gli ucraini vittime di un conflitto antico, vittime di un legame storico, vittime consapevoli? Non sarà una pace giusta nemmeno quella che si raggiungerà, se si raggiungerà, e ancora una volta solo grazie allo sconsiderato Trump, nemmeno quella tra Ucraina e Russia. Ma dire basta, dirlo forte, dirlo ora e dire chiaramente chi sta mietendo vittime innocenti da tre anni e mezzo in Ucraina, indicare il criminale Putin e avere la consapevolezza che si è dentro un futuro che riguarda tutti non solo gli ucraini, è vostro dovere (di tutti, naturalmente) che siete ripetutamente scesi in piazza, forse molti di voi per la prima volta, per i palestinesi. L’indifferenza, adesso che avete alzato la testa, sarebbe complicità. 

Estratto dell’articolo di  Fabio Luppino su Huffpost

 

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