Anno: XXVI - Numero 192    
Martedì 7 Ottobre 2025 ore 13:30
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Francesca Albanese e Liliana Segre non ho dubbi con chi stare

Intervista al senatore del Pd Verdini: Quando Meloni dice che la mobilitazione è mossa dalla voglia di allungare il week end, offende e compie un gravissimo errore.

Francesca Albanese e Liliana Segre non ho dubbi con chi stare

Ma paragonare il 7 ottobre alla resistenza significa vilipendere i partigiani italiani. Non capisco perchè queste posizioni che sono estranee alla storia della sinistra, oggi non vengano adeguatamente contrastate da tutta la sinistra”

“Le mobilitazioni per Gaza sono state bellissime, contrassegnate da uno spirito di spontaneità positiva che ha accomunato ragazzi, famiglie, lavoratori. Ma sbaglia chi dice che per manifestare contro i crimini del governo Netanyahu bisogna “bloccare tutto”. Oppure che l’orrore del 7 ottobre è un simbolo della resistenza palestinese, una data che qualcuno addirittura vorrebbe festeggiare”.  Walter Verini – senatore del Pd, tra i fondatori del partito, riformista senza correnti – alla vigilia del 7 ottobre commenta con Huffpost la mobilitazione di massa per Gaza e richiama la sinistra a non essere indulgente con gli estremismi: “Io tra Francesca Albanese e Liliana Segre, non ho dubbi con chi stare”.
Senatore che impressione le hanno fatto le manifestazioni di venerdì e sabato in sostegno della popolazione di Gaza?

Credo che Giuseppe De Rita, nell’intervista alla Stampa, abbia colto il punto: la qualità nuova di queste mobilitazioni, che considero bellissime, è stato vedere degli adolescenti in piazza, e con loro le famiglie, i lavoratori. Una mobilitazione spontanea che riflette il bisogno di gridare: “vogliamo la pace”. Questo sentimento di spontaneità, che non è guidato, presenta tuttavia dei rischi.

Condivide le critiche alle manifestazioni che sono arrivate da destra?

No, al contrario, io sono molto preoccupato da chi demonizza la partecipazione. Premesso che non avrei proclamato lo sciopero generale, tanto più da un solo sindacato, perché – saró un nostalgico – l’unità sindacale la considero un valore da preservare. Il sindacato è sempre meglio unito, perchè il fatto che non sia unito è un limite, non un segno di forza. Ma a parte questo, quel che mi inquieta è l’atteggiamento di una destra che alla lotta dei giovani per un ideale, preferisce che stiano a casa. Magari nelle loro solitudini davanti a uno schermo. Una destra che ora ha perfino la tentazione di limitare il diritto di sciopero. Quando Meloni dice che la mobilitazione è mossa dalla voglia di allungare il week end, offende e compie un gravissimo errore. I rischi a cui mi riferisco sono relativi alle posizioni di antagonisti ed estremisti che non hanno nulla a che fare con il sentimento della stragrande maggioranza di chi era in piazza. Mi riferisco alle posizioni di gruppi minoritari, ma non per questo non pericolosi, sul 7 ottobre, nel primo caso, e allo slogan “blocchiamo tutto”, usato in striscioni e slogan, e poi degenerato negli scontri di sabato sera con le forze dell’ordine. Posizioni aberranti in un caso, slogan e fatti gravissimi nell’altro.

Perché è gravissimo proporsi di “bloccare tutto” per Gaza?

È una parola d’ordine estranea alla causa di Gaza ed è estranea anche alla storia delle mobilitazioni operaie e sindacali. È un gradino prima di “spacchiamo tutto”. Una posizione sbagliata che tradisce, sporca, l’onestà intellettuale e la spontaneità di tanti ragazzi e di tante famiglie, che non la condividono, perchè non vogliono bloccare i servizi del Paese, perchè sanno che questa logica colpisce i cittadini che vanno a lavorare, i pendolari, le persone che vanno a curarsi…  Considero criminale l’operato di Netanyahu, del suo governo, che condanno nella forma più netta. Ma non c’è bisogno di bloccare servizi pubblici per contestarlo ed esprimere solidarietà alla popolazione palestinese. Aggiungo che se non si è chiari sulle premesse, poi riesce più difficile isolare questi estremisti. Che sono nemici del sindacato.
Si riferisce alla politica e al sindacato.

Ripeto: queste posizioni non c’entrano niente con le motivazioni profonde della manifestazioni, pero’ si infilano dentro le mobilitazioni, e contribuiscono a sporcarle. Al momento non c’è quella necessaria energia politica per prevenire queste provocazioni che rovinano l’essenza stessa della partecipazione. Non mi sono sfuggite le parole di condanna, ad esempio da parte di Maurizio Landini. E ho apprezzato quelle di Arturo Scotto – che stava sulla Flotilla – nell’intervista di domenica a Repubblica. Va bene, ma su questi temi il sindacato, nel caso la Cgil, deve mettere tutta la propria storia e la propria forza a difesa di quella del sindacato, il sindacato di Luciano Lama, di Bruno Trentin. Un sindacato al servizio dei valori per cui combatte e che vengono offesi da quelli che aggrediscono le forze dell’ordine e incendiano le auto. Che sono eredi di quelli che andarono ad aggredire Lama alla Sapienza. O che misero a ferro e fuoco Bologna. Ma c’è di più: la violenza e le provocazioni estremiste non sono a sé stanti. Si è parlato poco dell’aggressione squadrista di un gruppo di neofascisti ad estremisti, proprio a Piazza Vittorio. Attenzione: non ci vuole molto a causare tragedie dell’odio e della violenza, come negli anni Settanta.
Parlava di posizioni aberranti a proposito del 7 ottobre. Si riferisce allo striscione esposto nel corteo, per cui l’eccidio di israeliani diventa “simbolo” della resistenza palestinese. E’ di oggi la notizia che per domani a Bologna con la stessa posizione l’associazione di giovani palestinesi ha convocato una festa di piazza.

Quello striscione è una vergogna. Di più: è un rischio, è un pericolo. Paragonare il 7 ottobre alla resistenza significa vilipendere i partigiani italiani. Mio padre era partigiano, a 17 anni, come migliaia di giovani il, prese il fucile per contribuire a liberare – con gli Alleati anglo- americani- l’Italia dal nazifascismo. Paragonare i partigiani ai tagliagole terrotisti di Hamas è un’offesa alla coscienza civile di chi sa cos’è stata la Resistenza. E’ preoccupante che centinaia di persone di gruppi organizzati si infilino nei cortei con questi sctriscioni e non essendo ridotta  la centralità e la forza politica dei partiti e dei sindacati non c’è nessuno che abbia l’autorevolezza di non farli entrare o di cacciarli. Sono parole d’ordine deliranti che finiscono per delegittimare la bellezza delle mobilitazioni.

Com’è stato notato, ad esempio su questo giornale, gli episodi di antisemitismo si moltiplicano. Striscioni e cori in corteo, adesivi per oscurare le pietre d’inciampo, scritte incommentabili sulle saracinesche dei negozi.

Il 7 ottobre si è inserito con la sua forza drammatica in un clima di risorgente antisemitismo. La reazione criminale del governo israeliano, oltre ad avere provocato un eccidio orrendo di civili e bambini,  ha indebolito fortemente la reputazione internazionale di Israele, favorendo cattivi maestri e ignoranti della storia della politica, che fanno coincidere il governo di Netanyahu con lo Stato di Israele, con il popolo di Israele e addirittura con l’ebraismo come religione. L’antisemitismo oggi è un pericolo grave che dovrebbe caricare di responsabilità la politica e chi ha ruoli politici.
Ha fatto discutere la “reprimenda” se possiamo chiamarla così di Francesca Albanese al sindaco di Reggio Emilia, reo di aver ricordato che la liberazione degli ostaggi israeliani è una precondizione della pace.

Quella frase, ed altre dette in trasmissioni tv, in cui ad esempio Albanese di fatto equipara il pogrom  del 7 ottobre a un atto di Resistenza, sono un errore drammatico. Si assume una grave responsabilità. Io mi auguro che Hamas a Sharm El Sheick  aiuti a chiudere la tragedia di Gaza e avviare quello che anche Padre Pizzaballa vede come l’unico spiraglio. Ma Hamas è e resta il principale nemico della causa palestinese, perchè ha usato quel popolo come una massa di manovra per la propria attività terroristica. Hamas ha scritto nello statuto che vuole eliminare gli ebrei e lo stato d’Israele. Albanese ha strumenti culturali e politici per comprenderlo. Quando va in giro per l’Italia e non contrasta – anzi – chi lancia slogan come Palestina libera dal fiume al mare, dovrebbe capire che c’è una responsabilità di parola per tutti. E non capisco perchè queste posizioni che sono estranee alla storia della sinistra oggi non vengano adeguatamente contrastate da tutta la sinistra. C’è troppa timidezza. Perché posizioni come queste mettono pietre tombali sulla speranza , oggi davvero fiebile, di due popoli, due stati. Comprendere Hamas, così come comprendere lo sterminio compiuto da Netanyahu, non merita indulgenza. Sono entrambi ostacoli alla pace.

Quale posizione dovrebbe assumere la sinistra?

Vorrei che la sinistra stesse a fianco del popolo palestinese e di più al fianco di chi a Tel Aviv e a Gerusalemme si oppone a Netanyahu. Dovremmo fare in modo che nelle nostre manifestazioni ci fossero i rappresentanti delle opposizioni democratiche israeliane, (e magari anche del popolo ucraino: che non dobbiamo mettere in un angolo ma continuare a sostenere). Il mondo ha bisogno di parole d’ordine che non siano foriere di odio, ma di comprensione e dialogo, come dice Liliana Segre. Io sono onorato, di andarle a stringere la mano quando viene in Senato anche perchè Segre ha avuto la forza di condannare quello che lei e la sua famiglia (e sei milioni di ebrei) hanno subito con la Shoah e du farlo senza una minima parola di odio. La senatrice a vita condanna Netanyahu, e lo fa duramente. Grazie. E condanna con coraggio l’antisemitismo, ma senza mai parole di odio. È un esempio per tutti. Pensare che sia stata attaccata e costretta a vivere sotto scorta, fa indignare.

di Alfonso Raimo su Huffpost

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