Anno: XXVI - Numero 177    
Lunedì 15 Settembre 2025 ore 13:50
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FUTURO A RISCHIO PER LE CASSE

Nonostante un patrimonio in crescita, le Casse previdenziali soffrono di ritardi normativi, scarsa trasparenza e strutture interne insufficienti per garantire le pensioni.

FUTURO A RISCHIO PER LE CASSE

Gli iscritti alle Casse Previdenziali al 31.12.2024 sono 1.849.219 in aumento dello 0,1% rispetto al 2023 ma il numero di pensionati nel 2024 è pari a 531.787 in aumento del 4,76% rispetto al 2023 con la conseguenza che il rapporto iscritti/pensionati scende a 3,48 attivi per pensionati quando solo nel 2022 era del 3,82 con la ulteriore conseguenza negativa che il rapporto tra contributi e prestazioni si attesta a 1,49 in continua flessione rispetto agli anni precedenti.

Questo sta a significare che tra pochi anni le entrate contributive non saranno piu’ sufficienti per pagare le pensioni e si dovra’ attingere prima al rendimento del patrimonio e poi al patrimonio stesso.

Per fortuna degli iscritti il patrimonio delle casse di previdenza registra nel 2024 un attivo patrimoniale pari a 115,234 miliardi di euro, con un incremento di 8,2 miliardi rispetto al 2023 (+7,66%).

E qui si riscontrano i dati negativi perché’, dopo 14 anni di attesa, le Casse di previdenza non dispongono ancora del decreto investimenti che nel giugno scorso sembrava pronto per la pubblicazione in Gazzetta ufficiale quando, per ripensamenti in corso, è stato stoppato dal Ministero del Lavoro perchè le Casse non intendono applicare negli investimenti il codice degli appalti che dovrebbe già da tempo essere applicato, stando a ben tre pareri resi dal Consiglio di Stato.

Infatti, anche per il 2024 la modalità di gestione prevalente dalle Casse è l’investimento diretto  che vale 100,55 miliardi di euro cioè lì’ 87,26% dei 115,234 miliardi di euro di attivo.

Nonostante che le Casse si siano dotate, nelle more, di codici di autoregolamentazione il documento conclusivo reso sugli investimenti dalla Commissione bicamerale di controllo ha evidenziato numerose criticità:

Mancano, ad oggi, previsioni normative in tema di requisiti di onorabilità, di professionalità e di indipendenza nonché in materia di meccanismi elettorali, di numero e di durata dei mandati. In particolare, l’appartenenza degli organi di vertice delle Casse alle specifiche professioni cui sono legati i singoli enti può comportare in determinati casi l’assenza di una formazione professionale specifica nelle materie economiche, statistiche e giuridiche, presupposto necessario per l’efficace espletamento dell’incarico secondo professionalità, competenza e correttezza. Sembrerebbe, pertanto, opportuno introdurre regole più chiare e stringenti, prevedendo un necessario “bilanciamento” tra vincoli alle politiche di investimento delle Casse (si è in attesa dal 2012 del decreto MEF sugli investimenti) e l’adeguatezza della corporate governance degli Enti. La frammentazione esistente fra le diverse strutture di governo societario e gli eterogenei regimi contributivi andrebbe ridotta, e per rendere più omogeneo il primo pilastro fornito dalle Casse professionali e anche per favorire possibili forme di aggregazione.

Dall’analisi delle strutture organizzative, ed in particolar modo degli uffici/strutture che si occupano delle attività di gestione e di controllo degli investimenti, emerge che, a livello aggregato, le Casse impiegano mediamente 11 risorse umane nell’Area Patrimonio (pari al 10 per cento della dotazione complessiva di personale). In termini di Asset Under Management (AUM), dalle analisi svolte – sempre a livello aggregato emerge che le 11 risorse umane gestiscono/monitorano, a livello di singola risorsa umana, investimenti pari in media a circa 0,54 miliardi di euro. Tale aspetto pone profili di attenzione circa l’effettiva capacità dell’Ente di monitorare in maniera efficace ed efficiente il portafoglio investimenti riuscendo, pertanto, ad ottimizzare il binomio rischio-rendimenti.

Nell’attività di investimento delle Casse si registra un forte coinvolgimento degli advisor. Tale coinvolgimento, dovrebbe peraltro supportare le Casse nella definizione di politiche di investimento che tengano conto delle differenti specificità delle platee di riferimento, che pure esistono, essendo correlate a diverse categorie di professionisti. Tuttavia dall’indagine è emersa una certa omogeneità delle politiche di investimento, che sembra quindi non essere in linea con tale premessa. Inoltre, nella comparazione delle politiche di investimento delle diverse Casse, si è riscontrata l’assenza (cfr. grafici a pag. 60 e 61) di una diretta relazione tra rischi e rendimenti. Inoltre, nel periodo considerato risulta che la sommatoria dei saldi  (pari a 21,89 miliardi di euro) è prossima alla sommatoria dei risultati di esercizio (pari a 21,92 miliardi di euro). In conclusione, sembrerebbe opportuno rafforzare quantitativamente e qualitativamente le strutture interne delle Casse nonché la “robustezza” delle procedure secondo le quali le Casse interagiscono con gli advisor, al fine di gestire il rischio di eccessivo “affidamento”.

  Dall’analisi dell’informativa contabile delle Casse emergono significativi profili di attenzione sulle seguenti aree: i) gestione del portafoglio immobiliare (bassa redditività) e crediti verso inquilini (morosità); ii) crediti contributivi nei confronti degli iscritti (stock significativo), meccanismi di recupero e mancata iscrizione di adeguati fondi di svalutazione crediti; iii) spese sostenute per il contenzioso (rischio di antieconomicità del giudizio promosso); iv) componenti di costo degli strumenti finanziari acquistati. In materia, si dovrebbe semplificare e razionalizzare il sistema dei controlli attualmente in essere al fine di armonizzare la vigilanza ed evitare duplicazioni di attività, dispersione di dati e sovrapposizione di scadenze.

 Dall’indagine è emersa la presenza di OICR dedicati alla singola Cassa (sottoscrittore al 100 per cento) nonché la presenza di un asset manager (controllato al 100 per cento) all’interno di una Cassa. Ciò solleva profili di attenzione sulla complessiva operatività di tali intermediari/strumenti, soprattutto con riferimento ai costi, agli aspetti remunerativi del management e alla gestione di possibili conflitti di interesse. Riflessioni ulteriori e in termini più generali, meriterebbero poi i “compensi” (gettoni di presenza) percepiti dai soggetti (frequentemente i componenti del Consiglio dei delegati/C.d.A.) indicati dagli Enti per la partecipazione negli Advisory board/comitati consultivi degli OICR Alternativi. 

 Con specifico riferimento ai Bilanci tecnici, si registrano “ritardi” di circa un anno tra la loro redazione/approvazione e il relativo periodo di riferimento. Ciò determina che le elaborazioni effettuate e le proiezioni contenute nei Bilanci tecnici, e disponibili, tempo per tempo, hanno un gap temporale di circa quattro anni rispetto all’effettivo andamento/situazione degli iscritti/pensionati (per ogni categoria di riferimento). Sarebbe necessario ridurre tale gap temporale e incentivare la predisposizione di Bilanci tecnici specifici (oltre che standard). Documenti, quest’ultimi, fondamentali per definire l’ALM, da cui poi discendono l’AAS e l’AAT. 

 Gli investimenti in OICVM nonché in OICR Alternativi sono realizzati in maniera molto significativa attraverso l’utilizzo di strumenti finanziari di diritto estero. Occorre riflettere sia sulle “effettive” differenze in termini di rapporto rischio/rendimento tra gli strumenti nazionali e non nazionali sia sulla “capacità” dell’industria dell’asset management nazionale di far fronte e assistere le esigenze di investimento di investitori istituzionali come le Casse previdenziali.

 Sugli aspetti contabili, un controllo esterno al quale sono sottoposti gli Enti previdenziali privati è quello svolto dalle società di revisione che certificano la corretta redazione delle scritture contabili di rendicontazione (art. 2, comma 3, del  d.lgs. n. 509/1994). In materia, sarebbe opportuno estendere agli enti di previdenza l’applicazione delle più stringenti disposizioni previste dal d.lgs. n. 39/2010 in materia di “revisione legale” in linea con quanto già previsto per le associazioni e le fondazioni del Terzo settore. In conclusione, la sostenibilità di lungo termine delle Casse previdenziali dipende da una pluralità di fattori, riconducibili essenzialmente all’andamento del saldo della gestione (somma dei saldi di previdenza e di assistenza) e al rendimento del patrimonio accumulato. Sull’andamento della gestione previdenziale, espresso dal saldo per contributi e prestazioni, incidono i regimi contributivi e prestazionali, oltre che le caratteristiche reddituali e socio-demografiche dei diversi bacini di riferimento delle Casse di previdenza. Per quanto riguarda, invece, la redditività degli investimenti, particolare importanza rivestono le efficaci e consapevoli scelte di investimento nonché gli adeguati sistemi di corporate governance. In materia, occorrerebbe quindi rafforzare le forme di controllo e sulle modifiche degli statuti e dei regolamenti e sul profilo rischio-rendimento degli investimenti effettuati. Concludendo, l’auspicio è che la presente Relazione risulti utile a stimolare il dibattito del Governo, del Parlamento e delle Istituzioni, anche per promuovere le opportune o necessarie iniziative di carattere normativo.”

Sarebbe tempo ed ora di provvedere nell’esclusivo interesse degli iscritti, obbligati per legge ad esserlo.

 

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