Contratto dei medici convenzionati congelato, scoppia la protesta
Confprofessioni accusa le Regioni: “Diritti e cure in pericolo”.
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Confprofessioni si schiera senza esitazioni al fianco dei sindacati dei medici e delle professioni sanitarie convenzionate – Fimmg, Fimp, Fmt, Sumai e Andi – che nei giorni scorsi, durante la segreteria intersindacale riunita a Roma, hanno lanciato un allarme chiaro e forte: i ritardi delle Regioni nell’emanazione degli Atti di Indirizzo per il rinnovo contrattuale 2022–2024 stanno bloccando un processo fondamentale per il futuro della sanità territoriale.
Secondo la Confederazione, la paralisi istituzionale rischia di produrre conseguenze pesantissime: da un lato alimenta la fuga di medici e professionisti verso il settore privato o l’estero, dall’altro mette a repentaglio la stessa possibilità, per migliaia di cittadini, di accedere in tempi rapidi e in modo equo alle cure. Una situazione che rischia di acuire disuguaglianze e squilibri già presenti nel sistema sanitario nazionale.
Il vicepresidente di Confprofessioni, Andrea Dili, ha messo in evidenza come il nodo non sia soltanto contrattuale o economico, ma tocchi le fondamenta stesse dell’identità professionale: «Tutto può essere oggetto di mediazione, tranne ciò che definisce chi siamo: libertà e professionalità, che non sono valori negoziabili».
Parole che ribadiscono l’approccio della Confederazione, da sempre impegnata a difendere la piena autonomia di esercizio delle professioni e la loro valorizzazione all’interno dei processi decisionali. «Questa mozione – ha aggiunto Dili – non è solo una rivendicazione sindacale. È un appello a difendere la dignità di chi, ogni giorno, garantisce la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale nei territori. E con essa, uno dei diritti fondamentali dei cittadini: quello alla salute».
Confprofessioni sottolinea come ogni azione che riduce il coinvolgimento delle professioni convenzionate nelle scelte o che ne ritarda il riconoscimento contrattuale finisca per indebolire non solo la categoria, ma l’intera tenuta del sistema sanitario. La pandemia, ricorda la Confederazione, ha dimostrato quanto siano centrali i medici di base, i pediatri, gli odontoiatri e gli specialisti ambulatoriali nella gestione della salute pubblica. Nonostante questo, una volta superata la fase emergenziale, la politica sembra tornata a relegarli a un ruolo marginale.
«Non si può chiedere ai professionisti di essere essenziali nei momenti di crisi – ha concluso Dili – e poi considerarli marginali quando è il momento di decidere. Chi lavora per la salute dei cittadini merita certezze, ascolto e rispetto».
Per Confprofessioni la partita che si gioca in questi mesi non riguarda soltanto una trattativa contrattuale, ma la difesa di principi irrinunciabili: la libertà di esercizio, la dignità della professione e la centralità dei professionisti nella costruzione di un sistema sanitario equo ed efficiente. Principi che, avverte la Confederazione, non possono essere messi in discussione né rinviati all’infinito.