Anno: XXVI - Numero 177    
Lunedì 15 Settembre 2025 ore 13:50
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Fine vita, vietato usare medici e farmaci del Servizio sanitario

Previsto un coordinamento nazionale di valutazione, ribadito il no all'eutanasia: «La morte non è mai un diritto».

Fine vita, vietato usare medici e farmaci del Servizio sanitario

Per il centrodestra è un’apertura alle opposizioni, per il Pd mediazione più lontana

Fine vita, vietato usare medici e farmaci del Servizio sanitario

La novità sostanziale sta nell’aver abbandonato l’idea di un Comitato nazionale di valutazione di nomina governativa e di aver sostituito questo organismo con il ritorno ai Comitati regionali a cui si aggiunge un Centro di coordinamento nazionale formato da figure sanitarie e giuristi a cui spetterà, di fatto, la decisione sull’accoglimento o meno della richiesta di accesso al trattamento di fine vita. Un’apertura, questa, secondo i relatori del disegno di legge sul fine vita Pierantonio Zanettin di Forza Italia e Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia, alle richieste delle opposizioni che dall’inizio avevano contestato il progetto del Comitato nazionale di valutazione considerato espressione “politica” su un tema che non è né di destra né di sinistra. Sono sette i nuovi emendamenti dei relatori al ddl depositato in Senato a inizio luglio, presentati nel corso della prima riunione delle commissioni Giustizia e Affari sociali dopo la pausa estiva. Fra le novità c’è anche l’esclusione del Sistema sanitario nazionale, prevedendo che «il personale in servizio, le strumentazioni e i farmaci di cui dispone a qualsiasi titolo il servizio sanitario nazionale, non possono essere impiegati per agevolare l’esecuzione del proposito suicidario».

Il ruolo del Ssn, nel corso del tortuoso tragitto che ha portato l’8 luglio alla presentazione di un testo base, sintesi dei cinque disegni di legge depositati in tema di fine vita, è stato al centro di un braccio di ferro maggioranza-opposizione proprio per il timore, sollevato in particolar modo da Pd e Avs, di una sorta di “privatizzazione” della morte e difformità sul territorio nazionale. Inoltre, tra i criteri inseriti per non essere puniti per aver eseguito il trattamento di fine vita (elencati dalle sentenze della Corte costituzionale) viene introdotto l’aggettivo «incoercibili» alle «sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili» causate da una «patologie irreversibile», che costringono la persona «inserita nel percorso di cure palliative, tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali» a farne richiesta «in modo libero, autonomo e consapevole».

Altra novità sono i tempi per ottenere il parere da parte del nuovo Centro di coordinamento nazionale dei comitati etici, che si allungano di un mese, 150 giorni rispetto ai 120 indicati nelle precedente proposta della maggioranza. Questo perché l’introduzione del Centro di coordinamento al posto del Comitato nazionale di valutazione comporta, di fatto, un doppio vaglio, a livello territoriale e nazionale allungando un po’ i tempi per una decisione. Il comitato etico territoriale, infatti, da un parere non vincolante entro 60 giorni dalla richiesta dell’interessato, il Centro di coordinamento nazionale avrà altri 60 giorni per il suo parere (obbligatorio) e ulteriori 30 giorni per «motivate e comprovate esigenze». Non meno importante la sottolineatura che i relatori hanno voluto aggiungere in fondo al comma 1 dell’articolo 1 del provvedimento, ribadendo il no all’eutanasia. «In nessun caso la legge riconosce alla persona il diritto a ottenere aiuto a morire», si legge infatti in uno degli emendamenti presentati.

Adesso ci sarà tempo fino al 23 settembre per presentare i sub emendamenti alle sette proposte di modifica del ddl. Ma nel frattempo tra maggioranza e opposizione sembra allargarsi il divario. Mentre il relatore forzista Zanettin si augura che «l’opposizione apprezzi le aperture arrivate dal centrodestra che ha deciso di modificare il testo» sul fine vita «venendo incontro ad alcune richieste come quella di fare un passo indietro sul comitato nazionale di valutazione», i diretti interessati non la vedono proprio così. «Anziché avvicinare punti di mediazione, i nuovi emendamenti proposti dai relatori sul fine vita li allontanano», replica così il senatore Pd Alfredo Bazoli per cui i nodi infatti rimangono, «se possibile aggravati». Anche perché «si stringono ulteriormente i requisiti rispetto alle indicazioni della Corte». L’inserimento dei comitati territoriali tuttavia – continua poi Bazoli – ha avuto come prezzo da pagare il «duplicare le valutazioni sulla sussistenza dei requisiti». Anche aver escluso il Sss è «in contrasto palese e frontale con l’ultima sentenza della Corte. Direi che le speranze di un percorso condiviso per arrivare a una buona legge sono al momento decisamente ridotte».

L’esclusione del Ssn viene definita «incostituzionale» dalla senatrice dell’Alleanza verdi e sinistra Ilaria Cucchi, per cui solo il Ssn «è in grado di garantire l’universalità, l’equità e l’uguaglianza delle prestazioni su tutto il territorio. Impedire ai malati l’utilizzo è incostituzionale e rischia di privatizzare le pratiche del fine vita». Gli emendamenti, tuonano da Azione il senatore Marco Lombardo e la presidente Elena Bonetti, «smentiscono le promesse» sulle due aperture previste, il Ssn e l’attribuzione delle valutazioni ai Comitati etici territoriali, non adeguando i requisiti alle modalità di accesso ai principi indicati dalla Consulta». Dunque le distanze restano. Sul disegno di legge sul fine vita «il centrodestra il suo percorso di buona volontà lo ha fatto e qui si ferma- dice infatti Francesco Zaffini, presidente della Commissione Affari Sociali e Sanità di Palazzo Madama (FdI) – Se la sinistra intende ancora tirare su “bandiera rossa” lo faccia nei comizi e nelle piazze, ma non qui e non su questo tema».

Alessia Guerrieri Avveniere

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