Meloni convince Comunione e Liberazione.
Standing ovation a Rimini per la premier. Mentre il governo parla di sicurezza e immigrazione, il campo largo si rifugia in slogan e battaglie di retroguardia.
Il Meeting di Rimini, da sempre luogo di confronto tra politica, società civile e mondo cattolico, quest’anno ha avuto un valore particolare: Giorgia Meloni vi è arrivata per la prima volta da presidente del Consiglio. Il risultato è stato chiaro: una standing ovation, un’accoglienza da leader riconosciuta, un consenso che va ben oltre la cerchia dei suoi elettori abituali.
Meloni ha mostrato una capacità comunicativa che, per intensità e impatto, la avvicina molto a Mario Draghi, pur con uno stile profondamente diverso. Dove l’ex premier tecnico aveva l’aura della competenza istituzionale, la Meloni offre la forza di una narrazione popolare, diretta, capace di intercettare la sensibilità comune. È il linguaggio della concretezza, che si traduce in messaggi semplici e forti: difesa dei confini, lotta all’immigrazione illegale, tutela della sicurezza, difesa del lavoro.
E mentre la premier parla di fatti, dall’altra parte cosa fa la sinistra? Si rifugia nei simboli. Mentre Meloni cerca di frenare gli sbarchi nonostante ostacoli interni ed esterni, l’opposizione sale su una nave ong sotto sequestro per portare solidarietà a chi sfida apertamente le leggi dello Stato. Il tutto mentre le cronache continuano a riportare episodi di violenza e criminalità compiuti da chi è arrivato in Italia con lo status di “rifugiato” e che con il diritto d’asilo non ha nulla a che vedere.
La distanza con il Paese reale è sempre più evidente. La sinistra sembra vivere in una bolla autoreferenziale: pride, redditi di cittadinanza, superbonus, slogan di welfare universale senza dire mai dove si trovino le risorse. È un’offerta politica fatta di testimonianza, non di proposte reali. È la convinzione che basti dire “siamo dalla parte giusta” per convincere gli italiani. Ma in politica non funziona così: i cittadini vogliono risposte ai problemi quotidiani, non sermoni ideologici.
Ed è proprio qui che sta la differenza. Giorgia Meloni, piaccia o no, ha occupato lo spazio lasciato vuoto da anni di indecisione e retorica. Ha mostrato che esiste un governo che intende decidere, assumersi responsabilità e parlare con parole semplici. L’opposizione, invece, preferisce la purezza della testimonianza, quasi fosse un movimento extraparlamentare più che un’alternativa di governo.
La conseguenza è inevitabile: continuando così, Giorgia Meloni rischia di arrivare al 2027 senza dover fare una campagna elettorale vera. Saranno proprio gli errori, l’ideologismo e l’incapacità di parlare al Paese reale da parte delle opposizioni a garantirle il vantaggio decisivo. In democrazia si vince convincendo i cittadini, non celebrando liturgie autoreferenziali.
E oggi la sinistra, incapace di ascoltare la pancia e la testa del Paese, non solo non convince: regala voti all’avversario.
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