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Per la destra la critica al pensiero scientifico è una questione d'identità

Nella destra, italiana e no, da Meloni in giù, c’è un prima e un post Covid.

Per la destra la critica al pensiero scientifico è una questione d'identità

La “solita polemica estiva”, questa volta sulla commissione vaccini del ministro Schillaci, non è la solita polemica estiva: racconta una linea di frattura dei nostri tempi

C’è stato un periodo nel quale il centrodestra, nelle sue varie sensibilità e con diverse sfumature, ha criticato aspramente le scelte del governo durante la pandemia da Covid sull’assunto – riassumiamo – che la politica dovesse prendersi le proprie responsabilità e che non dovesse farsi teleguidare da un algido comitato di tecno-burocrati della medicina.

Poi l’emergenza della pandemia si è prima attenuata, poi è svanita. E nel frullatore del nostro tempo, un prisma in cui istituzioni e certezze che fino a un attimo prima erano la base della discussione sono diventate esse stesse soggetto e oggetto di ferocissima polarizzazione, ha preso sempre più piede la narrazione per la quale la scienza non esiste. O, meglio, non esiste una verità scientifica nella quale riconoscersi. Lo spiega bene il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che in un’intervista al Foglio oggi spiega che “la storia insegna che non sempre il pensiero scientifico dominante è quello giusto, lo è statisticamente”, e forse la paura di voler approfondire la storia recente della scienza vista da Lollobrigida supera la curiosità.

E quindi la critica del “vi fate pilotare dalla scienza” alla luce di tutto questo fiorire di posizioni critiche, eretiche, non convenzionali, no-vax – un numero estremamente contenuto di professionisti ma anche di cialtroni la cui rumorosità grazie al megafono della politica ha riempito ogni angolo del globo terracqueo – si è tramutata nel suo opposto: “Sono state prese posizioni politiche, la scienza non c’entra”.

Con il risultato che in Italia e nel mondo ieri la ricerca scientifica era un elemento dato per assodato sul quale si innestava il dibattito, mentre oggi il dibattito pubblico mette in discussione la ricerca scientifica stessa. È un po’ questa la lente con la quale si può decodificare lo straordinario cambio di idee di Giorgia Meloni, che nel marzo del 2020 incalzava il governo sulla “nostra proposta di chiudere tutto”, e poi ribadiva “basta tentennamenti, bisogna chiudere tutto, subito. Aperti solo farmacie, alimentari e pochissimi altri servizi essenziali. Basta perdere tempo”. La stessa Meloni che, da premier, rispondeva a Elly Schlein che accusava il suo governo di limitare le libertà degli italiani dicendole ma come, proprio voi che avete “votato i provvedimenti per chiudere in casa la gente durante la pandemia”.

C’è un mondo prima e un mondo post Covid, e c’è una destra prima e una destra post Covid. In questa nuova destra la questione pandemica è insieme una ferita e un argomento di rivalsa, ma soprattutto la seconda, la rivalsa. La narrazione alla quale allude Meloni, le accuse di esperimenti sociali sulla pelle della gente, i lockdown come dittatura sanitaria, presuppone uno straordinario sistema totalitario che rimane in vigore per la durata di qualche mese, e poi si ritira in buon ordine dopo aver assaporato il potere assoluto, un caso davvero unico nella storia dell’umanità. Eppure questo frame narrativo è estremamente diffuso nella società, si è insinuato nelle fratture sociali di una situazione straordinaria ed emergenziale, non sempre gestita all’altezza, che ha sostanzialmente colto impreparate le democrazie liberali. Fratture economiche ma anche di senso nel quale si è infilata la decostruzione delle verità condivise, il fiorire di teorie cospirazioniste, o anche la semplice volontà di rivalsa politica che sono state il carburante dei movimenti della destra populista a livello internazionale, della quale il nostro paese non è immune.

Così una polemica estiva sul pasticcio di un ministro – Orazio Schillaci, che prima nomina una commissione consultiva e poi si accorge che dentro ci sono due medici idoli dei no-vax e la revoca, con corollario di accuse dai colleghi di maggioranza che li avevano caldeggiati – in altri tempi sarebbe servita a riempire qualche pagina dei giornali in attesa che la politica tornasse dalle vacanze e ricominciasse a fare sul serio, e invece oggi racconta meglio di tanti altri discorsi una linea di frattura dei nostri tempi, mette in evidenza le battaglie politiche e culturali in cui siamo immersi.

Ieri su queste pagine Vittorio Coletti lo ha definito “vaccinopiattismo”. Un’efficace sintesi, ma anche senza voler usare questa iperbole, resta il fatto che sulla critica al “pensiero scientifico dominante” (copyright Lollobrigida) si è costruita e si sta costruendo parte dell’identità della destra trasnazionale e di buona parte di quella italiana. Elettori ed eletti, senza soluzione di continuità.

È per questo che la maggioranza negli ultimi anni ha dato vita a una Commissione d’inchiesta sul Covid, andando alla caccia delle grandi magagne e delle indicibili verità che il deep-state ci ha taciuto (mi aspettavo che questo deep-state fosse meglio della premiata ditta Conte&Speranza) e che ha rifiutato le ultime linee guida del piano pandemico dell’Organizzazione mondiale della sanità. “È un centro di potere”, lo ha definito Matteo Salvini, chiedendo che l’Italia una volta per tutte ne esca, maledetta cricca globale della dittatura sanitaria. Lo stesso Salvini che ha definito “un pessimo segnale” la revoca della Commissione di Schillaci.

Eugenio Serravalle, uno dei due esperti contestati da Schillaci e dalla comunità scientifica e difesi da FdI e Lega, l’anno scorso ha scritto la prefazione e presentato l’ultimo “bestseller” di Robert Kennedy Jr, il Segretario alla Salute americano. Kennedy sostiene la bufala della correlazione tra vaccini e autismo, presentò una petizione per far ritirare dal commercio tutti i vaccini anti-Covid, ha scritto che Anthony Fauci e Bill Gates abbiano tramato per prolungare l’emergenza pandemica a beneficio del “cartello dei vaccini”, e ha detto che, cito letteralmente, “il Covid-19 è mirato ad attaccare i caucasici e i neri, le persone più immuni sono gli ebrei ashkenaziti e i cinesi, non sappiamo se sia un attacco deliberato o meno”. Chissà se “la scienza dominante” (copyright di chi sapete), anche su questo prenderà una cantonata.

di Pietro Salvatori

 

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