Anno: XXVI - Numero 140    
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Per mesi Conte ha accusato per Paragon il governo. Ma era il suo

"Gravissimo che il governo non risponda, lo spionaggio è un attentato ai diritti democratici", diceva il leader M5s accusando Meloni&co.

Per mesi Conte ha accusato per Paragon il governo. Ma era il suo

Ora si scopre che quando il governo diede il via libera a spiare Casarini a Palazzo Chigi c’era lui

“Sono molto preoccupato dal caso Paragon, uno spionaggio a carico di persone che lavorano nelle Ong. C’è un contesto che ci fa molto preoccupare, dobbiamo assolutamente accertare quello che è successo”, era l’11 febbraio e Giuseppe Conte attaccava a testa bassa Meloni&co parlando dello spyware di Paragon, infilato nel cellulare del capomissione di Mediterranea Luca Casarini e altri attivisti di quella organizzazione, nonché del direttore di Fanpage Francesco Cancellato. “Gravissimo che il governo non risponda, non lo possiamo accettare”, aggiungeva l’ex premier una settimana dopo, tra un’interrogazione parlamentare e l’altra, “è un attentato alla libertà di stampa, è un attentato ai diritti di uno Stato democratico”. Il Movimento 5 stelle, coalizzato con le altre opposizioni, si diceva indignato per quella scoperta – fatta da Casarini e Cancellato grazie a una notifica inviata loro da Meta – chiedeva spiegazioni. Non riteneva sufficienti le smentite di Palazzo Chigi. Incalzava la premier in ogni occasione possibile.

Sono passati tre mesi da quelle parole di Conte, da quelle intemerate del Movimento 5 stelle. Ma quelle dichiarazioni dell’ex premier oggi assumono tutto un altro sapore. Perché? Perché nel mentre si è scoperto – e lo ha scritto pochi giorni fa Il Fatto Quotidiano – che un’autorizzazione per le intercettazioni dei Servizi segreti nei confronti di Luca Casarini c’era già stata ben prima del governo Meloni. Non si sa bene in quale mese. Nel 2019. E forse Paragon ancora non c’era, perché l’azienda è stata fondata nel 2019 e non sappiamo a quando risale il contratto con l’Italia, ma c’erano altri strumenti simili per spiare molto simili. Soprattutto c’era il governo Conte. Il primo più probabilmente – quello con la Lega, rimasto in carica fino ai primi di settembre 2019 – o il secondo, con il centrosinistra, che ha governato nell’ultima parte dell’anno.

Cosa c’entra il governo in carica con il via libera agli ascolti segreti degli 007? C’entra perché i Servizi dipendono da Palazzo Chigi. Ed è il governo l’unico e il solo che può chiedere loro di fare intercettazioni preventive, per ragioni che riguardano la sicurezza della Repubblica. Gli ascolti segreti – che non hanno nulla a che vedere con le intercettazioni disposte dai pubblici ministeri durante le inchieste e non sono utilizzabili nei processi – poi vanno autorizzati dal procuratore generale di Roma. Il quale, nel 2019, le ha autorizzate due volte per Casarini.

Siamo perfettamente nei confini della legge, sia chiaro: il governo ha la facoltà di chiedere le intercettazioni preventive, se lo ritiene necessario. Singolare, però, che un attuale leader dell’opposizione contesti alla premier, Giorgia Meloni, qualcosa che lui stesso ha avallato quando il premier era lui. Probabilmente con le stesse ragioni formali che si adducono ora.

Ma in che contesto nascono questi ascolti nei confronti di Casarini? Il biennio 2018-2019 è stato caratterizzato dai decreti sicurezza di Matteo Salvini, da politiche fortemente restrittive nei confronti delle associazioni che salvavano i migranti nel Mediterraneo. C’era chi li chiamava “taxi del mare”, chi era convinto – anche dentro qualche procura – che ci fosse qualche sorta di accordo tra gli attivisti e i trafficanti di esseri umani.

Nessuna inchiesta delle tante che hanno aperto le procure siciliane ha mai dimostrato questa tesi. La maggior parte dei fascicoli non è mai arrivato in un tribunale, perché si è concluso con l’archiviazione. L’unico andato a processo, quello a carico dell’Ong Juventa, si è concluso con l’assoluzione per tutti gli indagati, nel 2024. Ai tempi del governo gialloverde, però, la tendenza a criminalizzare le Ong era costante. E girava molto la teoria del cosiddetto pull factor. Che suona più o meno così: più navi ci sono a monitorare il Mediterraneo, più migranti arrivano. Anche in questo caso, la teoria – che ancora oggi qualcuno di maggioranza usa – è stata ampiamente smentita. Prima che ciò accadesse, però, le Ong erano sotto torchio. E, apprendiamo in questi giorni, sotto il controllo dei Servizi. Per gentile richiesta di Giuseppe Conte – che non è intervenuto sul punto, ma si è detto disponibile a riferire al Copasir – del suo governo.

di Federica Olivo su HuffPost

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