La cultura del dubbio
Il dubbio ci aiuta ad avere un senso del limite, a non sentirci onnipotenti ed infallibili. Ma occorre distinguere tra il dubbio sano e quello patologico
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Nel suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione il 25 gennaio 2019, il Presidente del Cnf ebbe a dire che i Consigli dell’Ordine non possono essere considerati luoghi di potere o di rendita di posizione per essere presidi di operatività e di legalità sul territorio. Alla luce del nutrito contenzioso che si è sviluppato nel corso dell’anno passato, sulla nota questione del doppio mandato, mi pare legittimo nutrire qualche dubbio su queste affermazioni. Su una cosa però il Presidente del Cnf ha ragione e cioè sulla valenza della deontologia. Le regole deontologiche dettano il ritmo alla nostra professione, alle modalità della funzione tecnica dell’avvocato e al suo ruolo nella società. È necessario quindi ritornare sul codice deontologico forense le cui norme sono essenziali per la realizzazione e la tutela dell’affidamento della collettività e della clientela, della correttezza dei comportamenti, della qualità ed efficacia della prestazione professionale. L’avvocato ha il dovere di evitare attività incompatibili con la permanenza dell’iscrizione all’Albo e non deve svolgere attività comunque incompatibili con i doveri di indipendenza, dignità e decoro della professione forense. L’avvocato deve esercitare l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenuto conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa, rispettando i principi della corretta e leale concorrenza. Ma l’avvocato, anche al di fuori dell’attività professionale, deve osservare i doveri di probità, dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e dell’immagine della professione forense. L’avvocato, chiamato a far parte delle istituzioni forensi, deve adempiere l’incarico con diligenza, indipendenza e imparzialità. Il 31 gennaio p.v. si terrà l’inaugurazione dell’anno giudiziario, presso la Corte di Cassazione, con l’intervento del Presidente della Repubblica. Chi interverrà in nome del Cnf non potrà dimenticare questi principi e la tutela dello stato di diritto.
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