Medaglie e Terrecotte
In questo catalogo figura una gran parte delle opere scultoree di Silvia Girlanda in bronzo e in terracotta.
In evidenza
Il mito, che mi ha affascinato fin da quando a scuola studiavo l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide. Il mio primo dipinto fu la morte di Didone, tragica figura femminile vittima di un fato ineluttabile. Da allora le donne e i personaggi del mito ispirano la mia fantasia e prendono forma in un gran numero di medaglie e sculture;
lo sport, che suscita il mio interesse non tanto per il soggetto in sé, quanto per il fatto che è sicuramente la dimensione più dinamica dell’attività umana, e mi dà quindi il modo di esprimere al meglio tutte le tensioni che ho dentro;
infine, l’ambiente, tema di grande attualità che mi sta molto a cuore.
La medaglia, un affascinante dualismo
Penso che la medaglia rappresenti il tentativo di tradurre nell’arte l’affascinante dualismo presente in ogni manifestazione della natura, come il giorno e la notte, il bene ed il male, la vita e la morte: il mistero degli opposti che si fronteggiano ma che insieme si completano, non potendo stare l’uno senza l’altro. Nella medaglia, infatti, esistono un dritto e un rovescio: non li vedi mai insieme, ma non li puoi separare, perché costituiscono un tutt’uno.
E la grande sfida per me è riuscire ogni volta a trasmettere il mio messaggio in due fasi armoniche fra loro e, per questo, più emozionanti.
La medaglia è piccola, si può tenere in una mano e girarla a piacimento per scoprire come è fatta. Mi piace per la sua forma: il cerchio, figura geometrica perfetta, senza interruzioni, uguale in ogni suo punto. Ma dentro questo confine, e qui c’è il contrasto che in realtà più mi stimola, le linee e i volumi si sentono stretti, si agitano, tentano di espandersi, ora uscendo dai margini verso lo spazio esterno, ora affondando all’interno nella materia, violandone così la superficie piana.
Terrecotte come frammenti
Mi piace plasmare i miei bassorilievi come se fossero antichi frammenti: spezzati, corrosi, fessurati, stratificati dal tempo.
Nella mia fantasia antiche e tragiche figure femminili emergono faticosamente dal mondo mitologico verso il mondo reale, sospese fra nostalgia del passato e modernità, fra calma e sofferenza, fra bellezza immortale e fragilità umana.
Ed ecco che dalla creta informe prendono vita corpi tormentati, svuotati, quasi frantumati dalla fatica e dalla sofferenza. Ma dall’interno tenta di emergere, con sforzo quasi sovrumano, la voglia di vincere, di superare se stessi e tutto, di afferrare la propria vita, prima che questa possa fuggire per sempre.
La scultura a tutto tondo mi costringe a cercare forme nuove, più semplici, quasi primitive, a inventarmi un mondo fuori dal tempo, fatto di figure femminili irreali, da cui, in un gioco di pieni e di vuoti, si materializzano volti che appaiono assorti, quasi senza sguardo: volti tristi, o forse immersi in sogni di bellissime cose lontane.
Per eventuali informazioni
Silvia Girlanda
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