Abuso nelle intercettazioni: la giustizia europea condanna l’Italia
La sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in favore di Bruno Contrada può avere risvolti epocali nella storia della giustizia italiana.
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Specialmente dopo che il governo ha deciso di non opporsi alla sentenza e di accoglierla. La decisione della Cedu di fine agosto, infatti, potrebbe aver portato un cambiamento a lungo atteso dall’Italia in fatto di intercettazioni telefoniche utilizzate dalla magistratura. Un problema esposto già dal ministro della Giustizia Carlo Nordio diversi mesi fa, venendo però ferocemente attaccato dalle opposizioni che fingono di non vedere un grattacapo non da poco che si ripercuote necessariamente sulla pelle dei cittadini.
Il caso
Bruno Contrada è un ex funzionario dei Servizi segreti italiani, che diversi anni fa si è ritrovato all’interno di un vortice giudiziari a sua insaputa: nel 2017, infatti, la Procura di Palermo, allora guidata da Roberto Scarpinato, oggi senatore del Movimento Cinque Stelle, richiese l’intercettazione delle linee telefoniche utilizzate dall’ex 007. Nel 2018, fu disposta anche la perquisizione di immobili utilizzati da Contrada, da cui la sua stessa abitazione. “Esiste fondato motivo – si leggeva nella motivazione – di ritenere, sempre sulla base di elementi acquisiti in questo procedimento, che Contrada abbia ancora la disponibilità di documenti”. Ma due sono gli aspetti sulla vicenda che hanno infastidito, e a ragione, il funzionario: da un lato, Contrada non era né indagato né imputato nel processo nell’ambito del quale si operava (riguardo l’uccisione di un agente di polizia risalente al 1989); dall’altro, Contrada ha scoperto di essere intercettato soltanto dopo aver letto il decreto di perquisizione. Un fatto che getta ombre sulla modalità che la magistratura utilizza e che, come successo a Contrada, potrebbe succedere a chiunque altro.
Un fatto che dunque ha portato il suo legale, Stefano Giordano, a incorrere alla Corte europei dei Diritti dell’Uomo, che ha detto la sua in merito: le modalità con cui la Procura di Palermo ha operato sono contrarie all’articolo 8 della Convenzione europea dei Diritti umani, in merito al rispetto della vita privata. Il problema, dunque, c’è ed è evidente: sono troppo poche le tutele del cittadino nei confronti di possibili abusi da parte della magistratura. Secondo Giordano, intervistato dal Dubbio, “il ministro Carlo Nordio ha accolto positivamente questa decisione lo Stato italiano, non opponendosi, ha implicitamente riconosciuto l’esistenza del problema. La palla – ha aggiunto – passa ora alla politica, che dovrà promuovere una riforma liberale dell’intera materia”. Il governo, dunque, ha scelto di non opporsi, ponendosi quindi a difesa di Contrada e di chiunque, come lui, potrebbe ritrovarsi in situazioni simili. Riconoscendo così un problema non secondario per l’Italia: se infatti la magistratura può disporre le intercettazioni delle linee telefoniche sia degli imputati sia di tutti gli altri cittadini, chi è indagato risulta avere paradossalmente maggiori tutele del non indagato, in quanto il primo può contestare la legittimità delle intercettazioni, il secondo no. Dunque, potenzialmente, qualunque cittadino potrebbe ritrovarsi in una bufera giudiziale a sua insaputa e senza un fondato motivo. Basterebbe un minimo sospetto per far scattare i controlli della magistratura: minimo sospetto che potrebbe configurarsi, alla fine, anche come un mero alibi per ottenere le intercettazioni di chicchessia.
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