Il Superbonus è morto, lunga vita all’Ecobonus
Nel pensionare il Superbonus e le ragioni che l’avevano generato, meglio quindi guardare con attenzione al vecchio Ecobonus, spingendo convintamente a rivedere gli impianti degli edifici esistenti e, magari, anche i loro sistemi di controllo e gestione.
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Il Superbonus, lo ricordiamo, è stato concepito in piena pandemia per consentire all’economia di riprendersi velocemente e, per questo, ha puntato con decisione sull’edilizia, che costituisce senza dubbio una delle filiere più lunghe.
L’esito non ha tradito le aspettative, se è vero, come risulta dalle analisi del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, che nel 2023 ha impattato positivamente sul PIL per più di un punto percentuale, generando una produzione complessiva pari a 84 miliardi di euro e coinvolgendo oltre 600 mila lavoratori.
…Ma è costato complessivamente alle casse dello Stato circa 100 miliardi di euro, solo in parte ammortizzati da un aumento del gettito fiscale (circa 36 miliardi di euro + l’extra gettito), con un conseguente aumento del debito pubblico, già elevato, a livelli ancor più preoccupanti.
Tutto ciò è noto da tempo, così com’è noto da tempo che la direttiva EPBD sulle case green non lascia tuttavia spazio a tentennamenti di sorta, dal momento che alla finestra stanno non meno di 12 milioni di edifici che necessitano di essere riqualificati dal punto di vista energetico e che il tempo a disposizione è sempre meno.
Il Governo, quindi, si trova di fronte ad un dubbio amletico che dovrà risolvere molto rapidamente proponendo una sua soluzione al tema della decarbonizzazione del patrimonio edilizio “sostenibile”.
Nella ricerca di provvedimenti in grado di garantire efficacia ed efficienza, sarà quindi sicuramente d’aiuto il rapporto ENEA 2023 sulle detrazioni fiscali, che dà evidenza qualche cosa di molto interessante, ovvero che mettendo a confronto il vecchio Ecobonus (quello che per intenderci prevedeva le detrazioni al tra il 65 e l’85%) con il Superbonus 110%, in termini di efficacia ed efficienza vince di gran lunga il primo.
Il coefficiente utilizzato da Enea è quello di quanto è costato in termini di investimento risparmiare un Kwh all’anno. L’esito è di una chiarezza lampante: mettendo assieme le diverse tipologie di intervento previste dai due provvedimenti, ne emerge che il risparmio di un Kwh/anno col Superbonus veniva a costare 3,19 euro, valore che col Superbonus è lievitato a 5,71.
Andando nel dettaglio, poi, si scopre che nel caso di interventi sugli infissi il costo lievita da 4.72 a bel 10,98, mentre il solare termico vola addirittura da 1,15 a 8.98.
Dietro a questa enorme differenza che corrisponde di fatto ad una pesante spirale inflazionistica, stanno senza dubbio gli aumenti dell’energia e delle materie prime, ma anche moltissimo una venuta meno del naturale controllo dei prezzi generato dalla contrattatazione.
L’altro punto da considerare è intrinseco al Superbonus, figlio dall’emergenza e pertanto spostato naturalmente sull’intervento edilizio classico, che non a caso copre circa i due terzi di quei 100 miliardi spesi dallo Stato, ovvero che il risparmio energetico non era la priorità del Superbonus.
Il Pniec (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) nella sua versione 2023 presentata dal Governo Meloni a Bruxelles, sembra prendere atto di questo dato di fatto mettendo nero su bianco che gli interventi sulle superfici opache degli edifici dal punto di vista energetico risultano ottimali negli edifici di nuova costruzione ma, considerati i costi elevati di realizzazione, soltanto i pochi casi in quelli esistenti, indicando in questi casi come via maestra quella di investire piuttosto sugli impianti.
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