Sì all’Alta Corte per giudicare l’operato del Csm
Il presidente dei penalisti italiani, Gian Domenico Caiazza, è soddisfatto dell'apertura del Pd all'istituzione di un'Alta Corte per giudicare l'organo di autogoverno della magistratura. Diventerebbe una sorte di appello nei confronti delle decisioni disciplinari e amministrative

«L’ho sempre considerata una proposta sensata e interessante sulla quale si può lavorare. Bisognerà vedere nel dettaglio, naturalmente, come verrebbe strutturata e da chi sarà composta, ma il fatto di creare un soggetto giudicante in qualche modo esterno al Csm mi sembra una buona idea. Dunque l’apertura del Pd va salutata positivamente». Così all’AdnKronos il presidente dell’Unione delle Camere penali, Gian Domenico Caiazza, a proposito dell’apertura del Pd alla proposta dell’ex presidente della Camera, Luciano Violante, su un’Alta corte da affiancare al Consiglio superiore della magistratura e che sia giudice di appello nei confronti delle decisioni disciplinari e amministrative del Csm.
Quanto all’ipotesi che l’apertura del Pd e quella che sembra un’accelerazione sulla proposta di Violante siano anche conseguenza delle parole del presidente Mattarella su giustizia e Csm, Caiazza sottolinea: «Non lo so, ma me lo auguro, nel senso che, come abbiamo detto da mesi in ogni sede, il testo di riforma dell’ordinamento giudiziario licenziato dalla commissione Luciani è gravissimamente insufficiente e lontano da ogni possibilità di determinare autentici cambiamenti tali da risolvere la crisi della magistratura. Stiamo dicendo da mesi che i temi più importanti sono elusi, che l’illusione che discutere solo del sistema elettorale possa cambiare qualcosa è veramente incomprensibile per noi, e dunque se si comincia a fare qualche passo avanti un pò più concreto ci fa piacere. Mi auguro – conclude Caiazza – che non rimarrà tutto sulla carta, ma in ogni caso il varo dell’Alta corte segnerebbe un passo ma ancora insufficiente. Bisogna comunque affrontare con coraggio i grandi temi della modifica dell’attuale automatismo dell’avanzamento delle carriere e il tema del distacco dei magistrati presso l’esecutivo. Sono due grandi temi che se non vengono affrontati non consentiranno una riforma autentica della crisi della magistratura italiana»
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